Il 3 aprile appena trascorso si sono celebrati i cento anni dalla nascita di uno dei più grandi attori che Hollywood abbia mai prodotto: Marlon Brando un misto di carisma, sensualità e bravura diventato una leggenda del cinema mondiale ad ogni livello.
Le prime fasi della vita e l’inizio della carriera artistica di Marlon Brando.
Marlon Brando nasce ad Omaha nello stato statunitense del Nebraska, terzogenito di Marlon Brando Senior, un produttore di pesticidi e materie chimiche per l’agricoltura, padre che odierà soprattutto durante l’infanzia e l’avere il suo stesso nome lo costrinse nei primi anni di vita a farsi chiamarsi Bud e dalla madre Dorothy.
Ma non ci volle molto a mettere da parte questo sentimento, infatti, con il successo il nome Marlon Brando sarà associato per sempre a lui, mettendo per sempre il padre in secondo piano.
I Rapporti con la madre invece saranno sempre idilliaci, infatti per Marlon, Dorothy sarà sempre una sorta di musa e che lo porterà a confessare che la recitazione, almeno nei primi tempi, aveva lo scopo primario quello di ottenere la massima considerazione della mamma.
Come tanti statunitensi anche Marlon e la sua famiglia aveva un sangue misto, in quanto nelle loro vene scorreva sangue tedesco, in quanto il cognome originario della famiglia era Brandau, arrivata in America nel ‘700, con anche una porzione di sangue inglese, olandese, e francese, portando dentro sé tutti i cromosomi dei pionieri insediati nella giovane nazione di quegli anni.
L’infanzia e l’adolescenza la trascorrerà in California, nell’Illinois e nel Minnesota ma al compimento dei 19 anni approdò a New York, dove si iscrisse ai corsi di recitazione di Stella Adler nella scuola del Dramatic Workshop di Erwin Piscator, qui fu fatalmente attratto dal Metodo Stanislavskij che affinerà in seguito frequentando il rinomato Actors Studio di Lee Strasberg.
Il suo immenso talento lo porterà già dopo un anno a debuttare in teatro a Broadway con la commedia “I Remember Mama” e dopo una pausa dovuta alla Seconda guerra mondiale reciterà in “A Flag is Born” di Ben Hecht.
Quelli erano gli anni dove nasceva il mito dell’attore da “Actors Studio” dove si insegnava la recitazione basata sulla credibilità fisica del personaggio e sulla perfetta aderenza alla dimensione psicologica di ogni personaggio interpretato: accademia che porterà da lì a pochi anni a lanciare nel mondo dello spettacolo quasi tutti i più grandi attori teatrali e divi hollywoodiani.
L’affermazione come vera e propria star Hollywoodiana.
La sua affermazione sarà repentina e in pochi anni, complice anche il suo fisico atletico, lo sguardo magnetico, ed i livelli del testosterone a mille che trasbordavano da ogni sguardo, lo porteranno a diventare una delle più grandi star della scena Hollywoodiana.
Tra i suoi punti di forza ricordiamo la sua maniacale versatilità che si evidenzierà già agli esordi nel film “Il mio corpo ti appartiene” di Fred Zinnemann dove interpreterà un reduce militare paraplegico ed in preda a gravi turbe depressive.
La sua carriera proseguirà tra film e teatro ed uno dei suoi successi più importanti fu la partecipazione alla commedia “Un tram che si chiama desiderio” di Tennessee Williams che lo porto nel 1951 a interpretarlo sia sul grande schermo guidato da Elia Kazan che in teatro.
Lo stile Marlon Brando.
Marlon Brando detterà uno stile tutto suo, ed una un’intera generazione di attori, da Paul Newman a Gene Hackman e tanti altri, lo seguirà assiduamente.
In pochi anni saranno tanti i ruoli interpretati e tra questi come non citare “Viva Zapata”, “Giulio Cesare” e “Il selvaggio” dove diventerà mitico il giubbotto di pelle e motocicletta che sarà copiato ad ogni latitudine come segnale di libertà.
Tutto questo lo porterà nel 1954 ad ottenere tre candidature all’Oscar, traguardo che raggiungerà nel 1956 con “Fronte del porto” a fianco di Rod Steiger e sempre diretto da Kazan, dove interpreterà lo scaricatore di porto ed ex pugile Terry Malloy, costretto dal fratello a truccare un incontro.
Continuerà anche con il teatro fino all’ultima interpretazione: “Arms and the Man” del grande drammaturgo G.B. Shaw, che sarà la sua ultima apparizione in teatro scegliendo definitivamente Hollywood e diventando un indiscusso protagonista del cinema statunitense degli anni ’50 e ’60.
Saranno tanti i film interpretati, non sempre veri capolavori, che interpreterà sempre seguendo il suo stile da duro, e tra questi ricordiamo “Desirée” dove costruì un improbabile Napoleone troppo a sua immagine e somiglianza; “Bulli e pupe” dove si cimentò nel canto e nel ballo e “Sayonara” che ottenne ben 10 nomination all’oscar; o ancora “I giovani leoni” e “Pelle di serpente” dove interpretò un personaggio basato su nevrosi e depressione fino ad arrivare nel 1962 dove trionfò negli “Gli ammutinati del Bounty” dove incontro la sua futura moglie: la tahitiana Tarita Teriipia.
Oramai Marlon Brando era diventato un indiscusso modello di stile e una garanzia di successo dei film che interpetrava, e nonostante fossero tante anche le critiche che attirava su sé stesso i suoi film erano sempre seguitissimi dal pubblico nelle sale.
Marlon Brando l’impegno civile, la caduta e la rinascita.
Marlon Brando è sempre stato molto attento alla società civile ed anche in politica aveva idee molto risolute, ad esempio in quegli sostenne la nascita dello Stato di Israele, al punto da lavorare in alcuni film al minimo sindacale, o ancora la vicinanza mostrata verso i lavoratori nella grande marcia su Washington del 1963.
Tutto questo, combinato al suo carattere irascibile e litigioso e le insistenti voci sulla sua presunta bisessualità: come non ricordare il tormentato rapporto con James Dean che lo idolatrava, lo portarono ad essere sempre meno amato dalle grandi case cinematografiche americane che piano piano gli volteranno le spalle.
Iniziarono anche una serie di insuccessi e tra questi la sua unica regia con il western “I due volti della vendetta” massacrato dalla produzione od ancora con “La caccia” di Arthur Penn, contestato per il suo atto d’accusa contro il razzismo fino ad arrivare nel 1967 al clamoroso fallimento del film “La contessa di Hong Kong” diretto da Charlie Chaplin.
Tutto questo lo portò a ritirarsi dalle scene rifugiandosi sempre più grasso e nervoso a Tahiti per alcuni anni fino a quando, in maniera del tutto inaspettata, fu proprio il nostro cinema, a venire in suo soccorso.
Infatti, grazie a Gillo Pontecorvo che lo volle in “Queimada” ed a Bernardo Bertolucci con il famosissimo Ultimo tango a Parigi”, l’attore americano subì una vera e propria rinascita del suo mito.
Questo rinnovato successo lo riportò nellegrazie delle major americane e Francis Ford Coppola lo volle assolutamente, pur non avendo dalla sua parte la Paramount, per interpretare la parte del famosissimo Don Vito Corleone ne “Il Padrino”: il risultato fu l’Oscar come miglior attore nel 1973.
Ma oramai Marlon Brando era pieno di acciacchi fisici, di dolori psicologici per le gravi vicende private che lo avevano colpito e pieno di rabbia verso tutti in un insieme di situazione che lo portarono a non presenziare alla cerimonia degli Oscar in solidarietà coi Nativi americani.
La sua ultima apparizione fu la spettacolare interpretazione del Colonnello Kurtz in “Apocalypse Now”, sempre Coppola alla regia, che fu anche il canto del cigno di uno dei più grandi attori hollywoodiani, infatti il 1° luglio del 2004 Marlon Brando morirà per un enfisema polmonare.
La sua vita è stata piena di amanti femminili e maschili, di quattro compagne ufficiali e undici figli, ma nulla potrà mai scalfire la grandezza di questo divo, che ancora oggi è nel cuore di tanti, comprese le nuove generazioni che non lo hanno vissuto ma che lo riconoscono come vero e proprio mito.