Nel cuore della Città del Vaticano, il Conclave del 2025 si è aperto tra grandi attese ed un clima di riflessione profonda; ieri è andata in scena la prima fumata nera, oggi 8 maggio, 4 votazione.
Tra i nomi che più ricorrono nelle discussioni tra osservatori ed addetti ai lavori, quello del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato uscente, si staglia con particolare evidenza.
Quali sono le reali possibilità che Parolin diventi il prossimo Papa? E quali fattori giocano a suo favore o contro la sua candidatura?
Il profilo del Carinale Parolin: esperienza e diplomazia
Pietro Parolin, vicentino classe 1955, è dal 2013 Segretario di Stato vaticano, scelto da Papa Francesco per guidare la diplomazia della Santa Sede in un decennio segnato da sfide globali e riforme interne. La sua lunga carriera lo ha visto impegnato nelle nunziature di Nigeria e Messico, e poi come nunzio apostolico in Venezuela: un percorso che gli ha conferito una solida reputazione di mediatore e uomo di dialogo. Proprio questa capacità di tessere relazioni e trovare punti di incontro tra anime diverse della Chiesa lo rende, secondo molti, un candidato naturale per il Pontificato.
Un punto di equilibrio tra progressisti e conservatori
Parolin viene spesso descritto come un possibile “punto di incontro” tra le varie correnti del Collegio cardinalizio. Le sue posizioni sono considerate di relativa apertura su alcuni temi di riforma, come la possibilità di rivedere il celibato sacerdotale, pur mantenendo una fedeltà al Vangelo e una chiara opposizione su questioni come l’eutanasia. Non ha mai assunto posizioni fortemente polarizzanti, preferendo la via della prudenza e del dialogo. Questo approccio, in un Conclave caratterizzato da equilibri delicati, potrebbe rappresentare un vantaggio strategico.
Le sfide: consensi, opposizioni e numeri
Nonostante il profilo di alto livello, la strada di Parolin verso il soglio pontificio non appare priva di ostacoli. Secondo diverse fonti, il cardinale parrebbe entrato in Conclave con un “pacchetto” di circa 40-50 voti sicuri, un numero importante ma ancora lontano dai 89 necessari per l’elezione, pari ai due terzi dei 133 cardinali elettori. Il suo consenso, dunque, è solido ma non maggioritario, e la capacità di attrarre voti dagli schieramenti meno affini sarà decisiva.
Va inoltre segnalato che Parolin è oggetto di critiche sia da ambienti progressisti, che lo accusano di essere troppo vicino ai critici delle riforme di Francesco, sia da settori conservatori, che ne contestano alcune aperture e la gestione di dossier delicati come i rapporti con la Cina.
Questa posizione “centrale” lo espone al fuoco incrociato, ma potrebbe anche renderlo il candidato di sintesi qualora le prime votazioni non producessero una maggioranza chiara.
Il fattore Tagle e la variabile delle alleanze
Nelle ultime settimane, le quotazioni di Parolin sono state insidiate da quelle del cardinale filippino Luis Antonio Tagle, che secondo i bookmaker internazionali è diventato il favorito alla vigilia del Conclave, superando proprio Parolin nelle preferenze degli analisti. Questo dato riflette la fluidità della situazione e la possibilità che, in caso di stallo, si cerchi una soluzione di compromesso anche fuori dai nomi più “attesi”.
Una partita ancora aperta dunque…
Il cardinale Parolin, per esperienza, profilo internazionale e capacità di mediazione, resta uno dei candidati più accreditati alla successione di Papa Francesco. Tuttavia, la sua elezione non è affatto scontata: dovrà saper consolidare e ampliare il proprio consenso, superando resistenze e diffidenze che emergono sia tra i sostenitori delle riforme sia tra i fautori di una linea più tradizionale.
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