Quando Alex Britti sale sul palco, non serve alcuna presentazione; non c’è bisogno di preamboli, effetti speciali o di quell’abuso di autotune che affligge troppi concerti contemporanei.
Basta che imbracci una delle sue tante chitarre che ha sul palco — che sia una Stratocaster o una semi-hollow bluesy ad esempio — ed il pubblico si mette in ascolto, in silenzio, con il cuore in gola. È ciò che è accaduto durante il live del suo tour feat.pop, un’esperienza sonora e umana che va ben oltre la solita scaletta di canzoni. Alex Britti non suona, racconta. Non canta, condivide. E lo fa con la disarmante autenticità di chi ha il talento per farlo davvero, senza filtri.
Una carriera costruita sulle dita, non sui filtri
Alex Britti è da sempre un’anomalia meravigliosa nella scena musicale italiana. Partito dal blues, formato sui palchi internazionali al fianco di giganti come Buddy Miles e BB King, ha poi saputo fondere quella matrice con un pop intelligente, mai banale, sempre suonato, sempre sincero. In un’epoca in cui tutto è plastificato, lui rappresenta la resistenza sonora. E il concerto di questo tour lo ha dimostrato meglio di qualunque dichiarazione.
Feat.pop: un titolo, una dichiarazione d’intenti
Il nome del tour è un’idea geniale: feat.pop, che potrebbe sembrare un semplice riferimento al linguaggio delle collaborazioni musicali, ma in realtà è un manifesto. Britti “featuring” il pop, sì, ma alle sue regole. Il pop come forma espressiva, non come standardizzazione. Come possibilità, non come gabbia. In scaletta convivono brani storici come Oggi sono io, Solo una volta (o tutta la vita), La vasca, insieme a nuovi arrangiamenti che sposano groove urbani, elettronica minimale, ma sempre con al centro l’uomo e la sua chitarra.
Il suono prima di tutto
L’aspetto più sconvolgente del concerto al quale abbiamo assistito è stato, senza dubbio, la qualità sonora. In un mondo dove spesso i live sono poco più che playback travestiti, Alex Britti porta sul palco un suono vero, crudo, imperfetto nella sua umanità e per questo straordinariamente potente. Ogni assolo è diverso da quello della sera prima. Ogni arpeggio è una frase nuova in una conversazione tra lui e il pubblico.
Il suo modo di suonare è una lingua madre. Dita che scorrono veloci, sì, ma con intenzione. Non c’è virtuosismo fine a sé stesso: ogni nota è lì per dire qualcosa. E chi ascolta, capisce. Non a parole, ma nella pancia, nel cuore, in quel luogo in cui la musica vera sa arrivare.
Parlare con la chitarra
Se in un’intervista un artista si racconta con le parole, sul palco Alex Britti lo fa con la chitarra. E racconta tutto: il suo amore per il blues, la passione per il jazz, l’ironia sottile di certi testi pop, la malinconia, l’entusiasmo, la rabbia costruttiva di chi ha ancora voglia di mettersi in gioco. Ogni pezzo è una finestra su un Alex diverso, eppure sempre coerente.
C’è stato un momento in cui, durante un assolo, il pubblico (anche tanti giovani) si è trovato in religioso silenzio (sbirciate qui su TikTok e su YouTube…).
Giù i cellulari, zero riprese, solo suono e tanta ammirazione. È lì che si capisce quando un musicista vero incanta una platea; ed Alex Britti è oggi il nostro più grande chitarrista.
Niente orpelli, solo emozione
Il palco del tour feat.pop è volutamente essenziale. Poche luci, nessuna scenografia eccessiva, solo strumenti, musicisti e musica. Computer? Zero. E questo minimalismo visivo si riflette anche nel linguaggio musicale del concerto: arrangiamenti puliti, dinamiche forti, interplay tra i musicisti. Tutti veri professionisti, tutti al servizio del suono.
La band è affiatata, precisa, eppure mai robotica. Lascia spazio all’improvvisazione, ai respiri, agli errori creativi. Un sound organico, vivo, umano.
Una scaletta che parla di lui (e di noi)
Ogni brano è una tessera di un mosaico emotivo. I pezzi storici risuonano come ricordi collettivi, colonne sonore di estati passate, di storie d’amore vissute o immaginate. Ma sono anche reinterpretati: il Britti di oggi guarda a quegli stessi brani con nuova maturità, nuova consapevolezza.
I brani meno famosi, invece, confermano quanto questo artista abbia ancora molto da dire, e da suonare. Non cerca di piacere a tutti, ma riesce a toccare tutti, perché non finge, non posa, non recita.
Il dialogo con il pubblico: vero, diretto, spontaneo
Alex Britti non si nasconde dietro un personaggio. Parla poco, ma quando lo fa è con naturalezza, con intelligenza, con quell’ironia tipica di chi conosce bene le luci e le ombre dello showbiz, ma ha scelto di restare onesto.
Come il suo racconto sui finti BIS che qualche artista usa per farsi reclamare, per tornare sul palco, ma che poi sono già in scaletta…
Feat.pop non è solo un tour, è un’esperienza
È difficile spiegare un concerto come questo a chi non c’era. Perché non si tratta solo di canoni tecnici, di esecuzione, di repertorio. È una questione di pelle, di frequenze emotive, di comunione artistica. È un viaggio fatto insieme, musicista e pubblico, dove ogni nota è un passo e ogni brano un paesaggio.
Chi ama la musica vera, quella fatta con le mani, con il cuore e con la testa, sa bene quanto sia rara. E sa anche riconoscerla quando succede. Quella di Alex Britti è musica che accade, qui ed ora. È magia senza trucchi.
La lezione di Britti alla musica italiana
In un panorama musicale che spesso premia più l’apparenza (e l’autotune) che la sostanza, Alex Britti dimostra che c’è ancora spazio per l’eccellenza. Per chi studia, per chi si allena, per chi si mette in discussione ogni giorno. Feat.pop è più di un tour: è un atto d’amore per il mestiere del musicista, per la canzone come forma d’arte, per il pubblico come compagno di viaggio.
E alla fine, mentre le luci si spengono ed il pubblico applaude ancora con gli occhi lucidi, resta una certezza: meglio di un’intervista, c’è solo la magia della sua chitarra.
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