Negli Stati Uniti gli avvocati costano troppo, soprattutto se le cause riguardano motivi futili come le multe o le liti condominiali. Per chi è stanco di pagare troppo i legali, oppure non può permetterseli, la soluzione potrebbe essere presto rappresentata dall’automazione.
Sta infatti per esordire l’avvocato robot, atteso a febbraio alla sua prima arringa.
Un esperimento che molti cittadini statunitensi guarderanno con molto interesse, proprio alla luce di un diritto alla difesa diventato sin troppo caro e a volte impossibile da esercitare.
Avvocato robot: di cosa si tratta?
Basta guardare le fiction statunitensi per notare come spesso chi è alle prese con una vertenza giudiziaria non sia in grado di pagare un avvocato, rifugiandosi in quello d’ufficio. Secondo le statistiche che circolano, ogni anno le parcelle spettanti agli studi legali del Paese comportano un giro d’affari pari a due miliardi di dollari. Una montagna di soldi derivanti da onorari pari a centinaia di dollari l’ora, nel migliore dei casi.
Per spezzare una situazione che rischia di far venire meno l’asserita eguaglianza di fronte alla legge, avvantaggiando chi ha elevate risorse finanziarie a discapito di tutti gli altri, un esperto di informatica laureatosi alla Stanford University, Joshua Browder, ha dato vita a una start up che ha chiamato DoNoPay, (non pagare) il cui scopo è aiutare le persone impegnate a difendersi di fronte a un giudice per reati minori a farlo in assoluta autonomia, grazie all’utilizzo di un semplice telefonino.
Come funziona DoNotPay?
Il funzionamento dell’avvocato robot è in fondo abbastanza semplice: l’intelligenza artificiale che supporta l’automa chiede infatti al suo utente quale sia il problema legale da affrontare. A quel punto inizia la ricerca sulle fonti legali di cui dispone e sottopone i risultati della ricerca all’attenzione degli imputati, dotati di un auricolare con connettività Bluetooth.
Il suo esordio avrà luogo a febbraio in California e avrà come oggetto della discussione un eccesso di velocità. Un caso quindi abbastanza semplice, che pone però problemi di non poco conto. Da un lato è noto come in molti Paesi e giurisdizioni l’utilizzo di Internet sia vietato. Dall’altro, però, c’è un diritto come quello alla difesa che non dovrebbe mai essere contrastato nelle aule di un tribunale, ove deve essere accertata la veridicità dei fatti.
È stato lo stesso Browder a dare una chiave di lettura condivisibile della vicenda: la sua innovazione concerne il linguaggio legale, è quello che gli avvocati si fanno retribuire lautamente, anche per cause insignificanti. In pratica i bravi avvocati dovranno dimostrare di esserlo nell’interpretazione dei fatti, ma non potranno più chiedere onorari spropositati per il semplice copia e incolla di documenti.
Su questo punto, però, occorre registrare l’intenzione di puntare addirittura alla Corte Suprema degli Stati Uniti, esplicitata su Twitter, ove Browder ha affermato di essere pronto a pagare un milione di dollari a chi, avvocato o imputato, sia disposto ad indossare il dispositivo necessario e ripetere le risposte del bot durante la discussione del caso.
DoNotPay funziona realmente?
La domanda che ci si dovrebbe porre, è naturalmente la seguente: l’avvocato robot funziona realmente? Per capirlo si può far leva su un precedente, quello del chatbot di DoNotPay che ha dato vita ad un negoziato con Comcast. Il provider internet è stato infatti accusato di non fornire servizi adeguati per il canone richiesto e, dopo la minaccia di un’azione legale, ha deciso di accettare uno sconto pari a 10 dollari al mese.
Al tempo stesso, Browder afferma che la sua creazione ha bisogno ancora di tempo per poter operare al meglio. Una volta messo a regime, però, potrebbe sicuramente rivelarsi utile in casi come quello relativo a Comcast. Per la Corte Suprema c’è sempre tempo…