Una delle cose positive che la crisi delle criptovalute si porta dietro, a anche se probabilmente non darà eccessiva consolazione a chi ha perso i suoi soldi investendo in asset digitali, è l’ufficializzazione del fatto che si tratta di un’attività ad alto rischio.
Troppi, come è del resto consuetudine, nel corso degli ultimi anni hanno preso troppo allegramente la questione, pensando fosse un gioco arricchirsi con Bitcoin e Altcoin. Purtroppo non è così, trattandosi di attività di carattere finanziario, ovvero quel genere di trading in cui la grande maggioranza di chi lo pratica finisce per perdere.
Di fronte ai pericoli insiti nel trading di criptovalute, dovrebbero essere le istituzioni a preoccuparsi di porre un argine in grado di proteggere gli investitori. Ma probabilmente anche chi riveste ruoli istituzionali è portato a credere si tratti in fondo di un gioco.
A dimostrarlo sono le strane dichiarazioni di Fabio Panetta, Membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea, pubblicate in un post sul blog della BCE stessa.
Trading crypto come gioco d’azzardo: è questa la soluzione?
“La regolamentazione dovrebbe riconoscere la natura speculativa delle criptovalute unbacked e trattarle come attività di gioco d’azzardo. I consumatori vulnerabili dovrebbero essere protetti attraverso principi simili a quelli raccomandati dalla Commissione Europea per il gioco d’azzardo online. Dovrebbero essere tassati in base ai costi che impongono alla società”: questo è il punto centrale dell’intervento di Fabio Panetta per quanto riguarda l’innovazione finanziaria.
Se sul piano delle semplici enunciazioni non si può che essere d’accordo sul fatto che servirebbe una maggiore attenzione normativa verso il fenomeno rappresentato da Bitcoin e Altcoin, occorre però sottolineare che equipararne il trattamento a quello che l’Unione Europea riserva al gioco d’azzardo sembra una sorta di resa all’aspetto speculativo degli asset virtuali.
Per quanto riguarda il gioco d’azzardo, infatti, sul suolo europeo è lasciato completamente libero di rovinare gran parte di coloro che spendono il proprio tempo libero sui siti di gioco a distanza. Basta in effetti dare uno sguardo ad alcune statistiche sulla ludopatia per capire meglio come se la ricetta per proteggere gli investitori è questa, la soluzione al problema è molto lontana.
Il gioco d’azzardo semina vittime, senza contrasto istituzionale
Per ludopatia si intende la vera e propria patologia che spinge le vittime ad assumere atteggiamenti compulsivi nel corso del gioco. In pratica chi ne è colpito avverte la necessità ossessiva di giocare, senza preoccuparsi per le perdite finanziarie e l’isolamento sociale che può derivarne.
Secondo le ultime statistiche disponibili, soltanto in Italia sarebbero circa 1,3 milioni le persone afflitte da quello che l’American Psychiatric Association già nel 1980 indicava come disturbo psichiatrico. Inserita nel 1994 nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, nel 2013 l’International Classification Disease dell’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha ascritta a disturbo del controllo degli impulsi.
Di fronte a cifre così abnormi, si potrebbe pensare che l’Unione Europea abbia consigliato agli Stati membri una lotta durissima al gioco d’azzardo. Chi lo fa, compirebbe però un errore di valutazione clamoroso. Il contrasto al gioco d’azzardo sul suolo europeo si riduce a semplici prescrizioni teoriche, a partire dalle norme indicate come Gioco Responsabile nel nostro Paese.