Chi ricorda questa frase di Totò in Miseria e Nobiltà? Pasquà! La mattinata in onore dello Scià di Persia, si fa… si fa!
Nelle ultime ore lo Scià di Persia, o meglio l’erede dell’ultimo Scià di Persia, Reza Ciro Pahlavi, Principe Ereditario, è tornato sulla bocca di cronisti di politica internazionale a causa della guerra tra Israele ed Iran.
Chi è Reza Ciro Pahlavi?
Reza Ciro Pahlavi è il figlio maggiore dell’ultimo Scià di Persia, Mohammad Reza Pahlavi, e della sua terza moglie Farah Diba. Nato a Teheran il 31 ottobre 1960, è stato ufficialmente nominato principe ereditario d’Iran nel 1967 al momento dell’incoronazione del padre.
Dopo la rivoluzione iraniana del 1979, che rovesciò la monarchia e instaurò la Repubblica Islamica, Pahlavi lasciò l’Iran e vive in esilio negli Stati Uniti, a Potomac, Maryland, dove ha anche ottenuto la cittadinanza statunitense.
Reza Pahlavi è il leader di un gruppo di opposizione in esilio chiamato National Council of Iran e partecipa attivamente al movimento per la democrazia in Iran, criticando duramente il regime islamico attuale.
Nel novembre 2024 ha pubblicamente chiamato gli iraniani a “riprendersi e salvare il nostro amato Iran”, offrendo di guidare il periodo di transizione politica, anche se senza specificare come rimuovere il regime islamico.
Nel febbraio 2025, durante un summit a Monaco, è stato indicato come “leader della rivoluzione nazionale e del periodo transitorio fino alla formazione di un governo democratico tramite elezioni libere”.
Il suo ruolo è quello di un mediatore e costruttore di un processo politico pacifico e inclusivo, volto a sostituire la Repubblica Islamica con un sistema democratico scelto dal popolo iraniano tramite libere elezioni e referendum. Pur non rivendicando un potere personale, Pahlavi si propone come figura unificante e garante della transizione, pronto a guidare un Iran libero e laico, capace di instaurare relazioni pacifiche con tutti i vicini, inclusi Israele e le nazioni arabe.
In particolare, Pahlavi sostiene che la fine della Repubblica Islamica sia la condizione imprescindibile per risolvere il conflitto israelo-palestinese e per portare stabilità in Medio Oriente. Egli definisce il regime iraniano come il “padrino del terrorismo” che alimenta gruppi come Hamas e Hezbollah, ostacolando ogni soluzione diplomatica. Per questo, vede in un Iran democratico il fulcro di una nuova era di pace e cooperazione regionale, con rapporti di rispetto reciproco e interessi condivisi con Israele e gli altri paesi arabi.
Le ragioni per cui potrebbe guidare l’Iran sono legate al suo ruolo simbolico come erede della dinastia Pahlavi, al sostegno di una parte dell’opposizione e della diaspora iraniana, nonché alla sua proposta di un percorso democratico per il futuro del paese, che include la formazione di un’assemblea costituente e un referendum nazionale per scegliere il sistema politico. Tuttavia, la sua leadership è vista con scetticismo da una nuova generazione di iraniani che non lo conosce o lo associa al vecchio regime monarchico, e la sua figura è considerata più un simbolo di transizione che un leader carismatico consolidato.
Pahlavi si è inoltre impegnato su temi come i diritti delle donne, la crisi ambientale, e le difficoltà economiche e sociali del paese sotto il regime attuale, denunciando la povertà diffusa e la repressione. Il suo sogno è liberare l’Iran dai “tiranni” e guidare un cambiamento democratico, senza aspirare a restaurare la monarchia in senso tradizionale.