Viviamo in un’epoca in cui l’e-commerce non è più una scelta tecnica, ma una scelta strategica. I numeri non lasciano spazio a interpretazioni: entro i prossimi due anni, la maggior parte dei ricavi aziendali passerà da canali digitali. Ma ciò che più colpisce, leggendo il nuovo report globale Salesforce, è che la vera sfida non è tecnologica. È culturale.
Nel mondo del business al maschile, fatto di precisione, leadership e decisioni rapide, l’e-commerce è diventato una lente che misura quanto un’azienda sia pronta ad affrontare il futuro.
L’intelligenza artificiale non è più una curiosità, è uno strumento che impatta su vendite, assistenza clienti, processi. E la fiducia – parola troppo spesso abusata – è oggi il vero metro su cui i clienti valutano ogni nostra scelta.
Come Redazione di MondoUomo.it, ci siamo immersi nei dati con uno sguardo critico e concreto. Abbiamo scelto di parlare agli uomini che guidano. Ai professionisti, dirigenti e CEO che non cercano ispirazione vuota, ma informazioni utili per decidere meglio.
Questo articolo è per voi…
Nessuna fuga in avanti. Nessuna narrazione sognante. I numeri parlano chiaro: entro il 2026, oltre metà dei ricavi aziendali verrà dai canali digitali. Non è un’ipotesi. È una proiezione concreta. E chi oggi guida un’azienda – o ne influenza il futuro – ha un solo margine di manovra: agire con lucidità e visione.
Il nuovo Report Salesforce State of Commerce 2024 fotografa lo stato reale del commercio digitale globale, con dati raccolti da 2.700 decision maker e 1,5 miliardi di clienti in 64 Paesi. Noi lo abbiamo letto da una prospettiva precisa: quella dell’uomo che ogni giorno prende decisioni. Non chi le subisce.
Digitale: chi è già dentro gioca per vincere
Nel panorama attuale, le aziende si dividono in tre categorie:
- Leader digitali (37%): hanno già integrato l’e-commerce nel modello di crescita.
- Moderati digitali (49%): stanno cercando di colmare il gap.
- Ritardatari (20%): non hanno ancora capito dove sta andando il mercato.
Chi si muove oggi, con metodo, può ancora costruire vantaggio competitivo. Chi resta fermo, ne pagherà il conto nel medio periodo.
Nota per i CEO
La crescita non riguarda solo i clienti finali. Anche all’interno dell’azienda cresce la domanda di cultura digitale: più reparti chiedono strumenti, budget, risposte. La pressione su chi guida aumenta. La soluzione? Delegare di meno. Decidere meglio.
AI: lo spartiacque tra chi scala e chi arranca
L’intelligenza artificiale non è più “una tecnologia da esplorare”. È già il motore silenzioso che ottimizza vendite, marketing, assistenza e flussi operativi.
- 48% delle aziende la sta già sperimentando.
- 29% l’ha implementata stabilmente.
- In media, chi l’ha adottata risparmia 6,4 ore a settimana per team.
Tra i casi d’uso principali:
- Creazione automatica di descrizioni prodotto e contenuti marketing.
- Personalizzazione dei messaggi.
- Report predittivi sulle vendite.
- Customer care automatizzato ma umano.
Il vero limite? Non è tecnico. È culturale: mancano integrazione, visione strategica, etica condivisa. E i clienti lo percepiscono.
Fiducia: il capitale più difficile da riconquistare
Uno studio parallelo rivela che:
- Solo il 13% dei clienti crede che le aziende usino l’AI in modo etico.
- Il 68% ritiene che la fiducia nel brand sia oggi più importante rispetto al passato.
Se sei un dirigente, non puoi ignorare questo dato. La reputazione digitale si costruisce con coerenza e chiarezza. Non con l’ennesimo claim pubblicitario.
Il cliente ha un radar preciso: vuole un servizio fluido, trasparente, senza sorprese.
Customer care: da costo a leva di profitto
In molte aziende, il servizio clienti è ancora visto come un centro spesa. Ma per i leader digitali, è diventato un acceleratore di fatturato.
- Il 38% delle aziende più avanzate lo utilizza per generare vendite.
- Tra i ritardatari, questa quota scende al 19%.
L’integrazione tra e-commerce e assistenza permette upselling intelligente, fidelizzazione reale, riduzione dei resi.
Il cliente non vuole parlare con un centralino. Vuole una soluzione, subito.
Pagamenti: il portafoglio del futuro è già in tasca
Le carte di credito resistono, ma è nei wallet digitali che si gioca la vera partita:
- Transazioni con wallet: +62% in un anno.
- Adozione di Apple Pay: +10 punti percentuali dal 2022.
Ma attenzione:
- Solo il 43% delle aziende accetta pagamenti in valuta estera.
- Meno del 60% è pronta per la prevenzione delle frodi.
L’esperienza di pagamento va progettata come un asset strategico. È l’ultimo metro del funnel. E l’unico che incide direttamente sulla cassa.
Storefront e velocità: la vera agilità è saper cambiare in tempo reale
Solo il 5% delle aziende riesce ad aggiornare il proprio sito digitale in pochi minuti.
Il 63% impiega giorni, settimane o mesi.
Se sei al comando di una struttura che impiega più tempo a decidere che ad agire, hai un problema di architettura interna. E non è (solo) colpa dell’IT.
Serve una cultura aziendale più modulare, flessibile, concreta. La buona notizia? Le architetture componibili stanno aprendo la strada. Le aziende che le adottano si adattano più rapidamente al mercato.
Uomini, leader, decision maker: non è il momento di delegare
Questo report non è un esercizio di stile. È uno specchio.
Riflette una realtà dove la velocità è norma, la fiducia è valuta, e il digitale è l’unico terreno di gioco su cui vale la pena costruire.
Se sei un uomo che decide, se dirigi un team o guidi un brand, questo è il momento per:
✅ Dare priorità a investimenti in AI utili, non di facciata.
✅ Ripensare il servizio clienti come leva di business.
✅ Affrontare il tema della fiducia senza scorciatoie.
✅ Integrare davvero marketing, tech, operations.
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