La violenza domestica è un fenomeno che si verifica all’interno di una coppia sposata o convivente, o più in generale di una famiglia, legittima o di fatto.
Si tratta di una forma di abuso che può essere fisico, sessuale, psicologico o economico, e che può avere gravi conseguenze per la salute e la dignità della vittima. In questo articolo vedremo cos’è il reato di violenza domestica, come si configura e come si denuncia.
Cos’è il reato di violenza domestica
Il reato di violenza domestica è previsto dall’articolo 572 del codice penale, che punisce con la reclusione da 3 a 7 anni chiunque maltratta una persona della famiglia o un convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte. La pena è aumentata se dai maltrattamenti deriva una lesione personale grave o gravissima, o la morte della vittima.
Per integrare il reato di violenza domestica, è necessario che i maltrattamenti siano gravi e non episodici, cioè ripetuti nel tempo. Inoltre, è necessario che ci sia un rapporto di convivenza o di affinità tra l’aggressore e la vittima, indipendentemente dal fatto che siano sposati o meno, o che abbiano la stessa residenza o meno.
I maltrattamenti possono essere di diversa natura, e comprendono:
- la violenza fisica, come percosse, lesioni, strangolamento, attacchi con armi o sostanze acide;
- la violenza sessuale, come stupro, violenza carnale, atti sessuali con minorenni o incapaci, molestie, ricatti sessuali;
- la violenza psicologica, come umiliazione, intimidazione, minacce, critiche, insulti, isolamento, manipolazione, gaslighting;
- la violenza economica, come privazione di risorse, controllo delle spese, sfruttamento, estorsione.
Come si configura il reato di violenza domestica?
Il reato di violenza domestica si configura quando i maltrattamenti sono tali da compromettere la salute fisica o mentale della vittima, o da ledere la sua libertà o la sua personalità. Non è necessario che ci sia una prova medica delle lesioni subite, ma basta la testimonianza della vittima o di altri soggetti che ne siano a conoscenza. Inoltre, non è necessario che la vittima abbia opposto resistenza o abbia manifestato il suo dissenso, ma basta che non abbia prestato il suo consenso.
Il reato di violenza domestica è procedibile d’ufficio, cioè non richiede la denuncia o la querela della vittima, ma può essere avviato dalle autorità giudiziarie su segnalazione di chiunque ne sia a conoscenza. Tuttavia, la vittima può chiedere il perdono giudiziale, cioè la remissione della querela, se il reato è stato commesso da un coniuge, da un parente o da un affine entro il quarto grado, o da un convivente. In questo caso, il procedimento si estingue, salvo che il reato sia stato commesso con violenza o minaccia, o abbia causato una lesione personale grave o gravissima, o la morte della vittima.
Come si denuncia il reato di violenza domestica?
La denuncia del reato di violenza domestica è un atto di coraggio e di responsabilità, che può salvare la vita della vittima e interrompere il ciclo di abusi. La denuncia può essere presentata in qualsiasi modo, e cioè:
- recandosi personalmente presso un presidio delle forze dell’ordine (carabinieri, polizia, guardia di finanza, ecc.);
- delegando un avvocato a sporgere denuncia;
- affidandosi a una persona di fiducia affinché il fatto sia portato a conoscenza delle autorità;
- telefonando direttamente al 112, il numero unico di emergenza.
La denuncia deve contenere i dati personali della vittima e dell’aggressore, la descrizione dei fatti e delle circostanze, le eventuali prove o testimonianze, le richieste di misure di protezione o di assistenza. La denuncia può essere ritirata entro 90 giorni dalla sua presentazione, ma solo se il reato non è procedibile d’ufficio, come abbiamo visto prima.
La denuncia del reato di violenza domestica attiva il cosiddetto Codice rosso, una procedura speciale che prevede l’assunzione immediata delle informazioni dalla vittima, l’acquisizione delle prove, la valutazione del rischio, l’applicazione di misure cautelari o di sicurezza nei confronti dell’aggressore, l’assistenza sanitaria, psicologica e legale alla vittima.
Tra le misure di tutela per la vittima, la più importante è l’allontanamento dalla casa familiare dell’aggressore, che può essere disposto dal giudice o dalle forze dell’ordine in via d’urgenza, anche senza il consenso della vittima. L’allontanamento comporta il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima, il divieto di comunicazione con la vittima, l’obbligo di lasciare le chiavi della casa e di consegnare le armi in possesso. L’allontanamento può essere revocato o modificato dal giudice, sentite le parti, se cessano le ragioni che lo hanno determinato.
La denuncia del reato di violenza domestica non implica necessariamente la fine della relazione con l’aggressore, ma può essere un modo per chiedere aiuto e per cercare una soluzione al problema. Tuttavia, la vittima ha sempre il diritto di interrompere la relazione, anche se non ha denunciato il reato, e di avvalersi dei servizi di sostegno e di accoglienza presenti sul territorio, come i centri antiviolenza, le case rifugio, le associazioni di volontariato.
La violenza domestica è un fenomeno grave e diffuso, che colpisce soprattutto le donne, ma anche gli uomini, i bambini e gli anziani. Si tratta di una violazione dei diritti umani e della dignità della persona, che non può essere giustificata da nessuna ragione.