Ci sono capi di abbigliamento che “resistono” al tempo che passa e alle stagioni della moda, non perdendo mai il proprio “appeal” ma conservandosi invece come classici ed intramontabili. Come assoluti must di cui non poter fare a meno.
Uno di questi capi è senza dubbio il loden, nome di un tessuto che ha finito con l’identificare quello che è diventato un capospalla iconico, racchiudente in sé praticità ed eleganza, funzionalità ed al contempo classe.
Una scelta di stile, in altri termini, per l’uomo (ma in realtà siamo in presenza di un articolo unisex, indossato anche dalle donne) attento a quello che è l’outfit che decide di indossare.
Veloce, resistente e molto caldo, abbottonato oppure lasciato aperto qualora lo si preferisca, il loden è la scelta ottimale ed “immediata” per affrontare la propria giornata, lavorativa e non. Scopriamo allora qualcosa in più di questo cappotto evergreen, dal fascino storico ma sempre trendy, che conquista e (ri)conquista, riproponendosi in tutto il suo splendore.
Tanta versatilità in diverse opzioni.
Tutti noi lo conosciamo nella sua “versione” tipica, quella dall’inconfondibile color verde bosco che lo ha reso così celebre. Ma il loden è disponibile anche in marrone, antracite oppure blu scuro, in modo tale da dare maggiori possibilità di scelta, sia in fatto di gusto personale che di specifiche esigenze.
Tanta versatilità, dunque, per questo cappotto frutto di ricercate lavorazioni che fanno leva sui procedimenti di sempre – infeltrimento e follatura – ma partendo da materie prime pregiate, come la lana merino o quella cashmere, anche combinate tra loro. Il risultato? Morbidezza e comfort, che vanno ad unirsi a leggerezza ed impermeabilità: caratteristiche, queste, che “identificano” il loden, rendendolo un capo unico e di qualità, che “si fa notare”, distinguendosi.
Non sorprende, allora, il suo essere sempre attuale ed il suo essere sempre così apprezzato: a dispetto degli anni che passano, il loden continua infatti a sfilare “orgoglioso” sulle passerelle, ravvivato in quella che è la sua “struttura” tradizionale ed aggiornato nel taglio. Ma senza che i suoi tratti peculiari vengano meno: il colletto a camicia ad esempio, come pure i bottoni in pelle intrecciata o in osso, o il lungo sfondo piega sul dietro con apertura dall’alto, chiari “segni di riconoscimento” di quello che è un cappotto in tutto e per tutto – davvero – “simbolico”.
Ed un cappotto tra l’altro facile ad abbinarsi con gli altri capi di abbigliamento, un “dettaglio” che di certo non passa inosservato e che amplifica la popolarità riscossa. Via libera dunque ai jeans o ai pantaloni, alla camicia, ai dolcevita e ai pullover con lo scollo a V: non c’è nulla che non si sposi bene con il loden, che offre eleganza e praticità in qualunque contesto, “restituendo” l’immagine di una mise casual chic sobria ma al tempo stesso “d’impatto”.
Essenziale è, allora, averne uno nel proprio armadio, quale perfetto “alleato” della vita di tutti i giorni, da portare sia la mattina che la sera, e con cui sentirsi “sicuri” e a posto.

Un tessuto di origini antiche: la storia del loden.
Può essere utile ed interessante scoprire le origini di quello che si profila come un punto fermo della moda maschile, un perfetto capo jolly. Da declinare in più stili differenti e da adoperare sia nei contesti maggiormente “solenni” che in quelli meno formali, opportunamente “sdrammatizzato”.
La parola loden nasce da lodo, termine tedesco di origine arcaica indicante un tessuto grezzo di lana – letteralmente vuol dire “balla di lana” – prodotto dai contadini del Tirolo e dell’Alto Adige. Tessuto che veniva infeltrito e garzato per far sì che fosse morbido ed impermeabile. I colori erano quelli “provenienti” dalle pecore, dunque il grigio chiaro ed il grigio scuro, e l’utilizzo era dettato dalla necessità, quella di proteggersi dai lunghi e freddi inverni.
Perché il loden divenisse un capo di moda bisogna attendere il XIX secolo. Precisamente il 1882, quando gli artigiani del lanificio Möessmer ne confezionano uno bianco per l’imperatore Francesco Giuseppe I, il quale “introduce” questo capo nelle battute di caccia della nobiltà austro-ungarica. Lanciando un vero e proprio trend tra l’aristocrazia.
Da tessuto grezzo, il loden acquista infatti ricercatezza, mutando la sua tinta originaria e colorandosi di rosso o di nero, sino a giungere al noto verde, una sfumatura funzionale e strategica, che consentiva la mimetizzazione durante la caccia.
Richiesto dai nobili, questo capospalla, essenziale e di classe, subisce nel tempo variazioni ed evoluzioni, senza però mai perdere quella che è la sua “essenza”, la sua “anima”.
Un museo in suo onore.
Probabilmente non tutti sanno che al loden è dedicato un apposito museo, a Vandoies (BZ), in Val Pusteria. Chi è interessato potrà scoprire l’intero processo di produzione, dalla tosatura delle pecore alla follatura, dalla pettinatura alla filatura della lana, sino alla trasformazione in un capo di abbigliamento.
Un percorso espositivo per conoscere più da vicino le fasi di lavorazione e di creazione di un tessuto di grande qualità, che ha dato vita a quello che è a tutti gli effetti un caposaldo del guardaroba di ogni uomo, un soprabito dinamico su cui poter sempre fare “affidamento”.
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