È chiacchierata, “discussa”, amata oppure odiata: dai suoi esordi la vita bassa ha sempre fatto parlare di sé, nel bene e nel male, attirando l’attenzione e dividendo praticamente in due, i suoi sostenitori da un lato, e i suoi “nemici” dall’altro.
Apprezzata da chi può permettersela, e temuta – se non respinta con tutte le proprie forze – da chi invece non possiede il fisico per indossarla, o, semplicemente, da chi proprio non la “digerisce”, la vita bassa è quel qualcosa che nella moda, pur a distanza di tempo, continua a suscitare “rumore”.
Nonostante sia stata integrata – alle volte storcendo un po’ il naso – nella quotidianità e nonostante i numerosi ritorni nel corso degli anni.
Sì perché dopo un periodo di (quasi) totale prevalenza della vita alta, la vita bassa diventa protagonista della primavera – estate 2025, prendendo posto pure nel guardaroba maschile e spaziando dai modelli skinny a quelli più larghi e rilassati.
Simbolo di ribellione e sensualità, questo trend che ha dominato gli anni ’90 e 2000 fa dunque la sua apparizione anche tra i capi di vestiario dell’uomo, (ri)affermandosi in una chiave prettamente contemporanea e proponendo uno stile che fa leva sul potere estetico e sul desiderio di “mostrarsi”.
Ma insieme all’estetica, la vita bassa si fa interprete anche di storie che parlano di cambiamenti sociali, influenze culturali e rivoluzioni in fatto di stile. Per capire dunque la sua “ratio”, occorre allora fare un viaggio indietro nel tempo, conoscendone la genesi e il significato assunto nei diversi periodi.
Partiamo dunque alla scoperta di quello che è a tutti gli effetti uno dei dettagli sartoriali più audaci e dibattuti dell’ultimo mezzo secolo. Per poi concentrarci, nello specifico, sulla vita bassa per uomo e sulle sue modalità di utilizzo nella vita di tutti i giorni.
Dalle origini alle passerelle attuali: storia ed evoluzione di una tendenza controversa.
La vita bassa affonda le sue radici nell’Impero Arabo con l’avvento della danza del ventre, uno stile di danza che si impone intorno al 600 d.C. e che poi si diffonde successivamente in India e tra i nomadi che ballano il flamenco durante il Medioevo.
Nel 1800 e 1900 si afferma, rispettivamente, con il burlesque e con Mata Hari che nelle esibizioni si rifà ad un look orientaleggiante. Ma è negli anni ’50 che la vita bassa comincia veramente a farsi strada, grazie alla stilista Irene Kasmer, che disegna i cosiddetti “hip huggers”, ossia un tipo di pantaloni attillati in alto e svasati in basso. Pantaloni che domineranno poi la scena negli anni ’60 e ’70.
Negli anni ’60, anni di rivoluzione culturale, è la volta della stilista britannica Mary Quant, che rinnova radicalmente la moda con l’introduzione della minigonna e di altri capi che mettono in evidenza la libertà di movimento e l’indipendenza giovanile.
Colpito dallo stile libero della moda di quel periodo, lo stilista Alexander McQueen porta negli anni ’90 in passerella i bumster, pantaloni a vita bassissima che lasciano intravedere anche una parte di fondoschiena. Contribuendo così a fare della vita bassa una tendenza innovativa e provocatoria al tempo stesso.
Un vero e proprio boom, quello degli anni ’90, che continua negli anni 2000, grazie a marchi prestigiosi che propongono jeans a vita bassa e ad icone della cultura pop che rendono questa tipologia di vita emblema di audacia e di sensualità.
Reinterpretato più volte durante gli anni, ed evolutosi anche negli abbinamenti realizzabili, il trend attraversa diversi scenari, senza mai smettere di dividere l’opinione pubblica.
Nei tempi più recenti, con il ritorno della moda Y2K – contraddistinta da un mix di influenze futuristiche e rétro – la vita bassa riaffiora come elemento chiave sia delle collezioni femminili che di quelle maschili. Per l’uomo, in particolare, dimostra la sua capacità di adattarsi in modo flessibile ai gusti contemporanei, trovando spazio nei contesti casual come sartoriali.
La vita bassa, dunque, non è più (solo) una scelta stilistica dall’anima provocatoria, ma anche espressione del proprio modo di essere e della propria personalità.
Il ruolo della vita bassa nella moda contemporanea.
Ha sempre rappresentato una sorta di “specchio” dell’epoca di turno, il linguaggio del quale ci si serviva per comunicare sé stessi, per trasmettere il “messaggio” che si desiderava. E con la vita bassa, la moda ha certamente lasciato un segno (in più), rivoluzionando il concetto stesso di vestibilità e mettendo l’accento sui concetti di provocazione e affermazione della propria persona. Ma oggi? Come si “presenta” oggi – nel senso lato del termine – la vita bassa? Qual è il suo approccio e il ritorno individuale?
Certamente le forme e i contesti sono diversi da quelli del passato, perché l’estetica ribelle ed informale degli anni ’90 e 2000 cede il posto a linee più pulite e sofisticate, frutto di una nuova sensibilità e di un nuovo sentire.
Riaffacciatasi anche nell’universo maschile, la vita bassa è in altri termini reinterpretata, evidenziando un’estetica che si rinnova al normale passare del tempo: associata precedentemente soprattutto a pantaloni larghi in denim, si declina ora in un’ampia gamma di capi – dai pantaloni dal taglio sartoriale a quelli sportivi – adeguandosi così alle nuove esigenze dell’uomo moderno in fatto di stile e comfort. Per un’immagine finale che appare legata alla raffinatezza piuttosto che all’essere trasandato.
Restano i campi “classici” di utilizzo, ossia lo streetwear con pantaloni cargo, jogger e jeans baggy – campi in cui la vita bassa assurge a simbolo di individualità e appartenenza culturale – ma non mancano contesti casual di maggiore “respiro”, improntati alla massima versatilità: ecco allora la vita bassa accostarsi a t-shirt oversize o blazer destrutturati, per creare un look equilibrato e non convenzionale. Quel look che solitamente si ricerca nella società contemporanea e nella quotidianità fatta di diversi momenti e di diversi outfit. Scopriamo di più sull’argomento proseguendo insieme nella lettura.
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