Lo stop imposto da Italia e Germania sulle auto elettriche all’interno dell’Unione Europea fa ancora discutere, come era del resto lecito supporre.
Nella querelle nata dopo la decisione di Roma e Berlino, interviene ora anche Mercedes, che sembra intenzionata a far pesare il suo parere in una questione la quale, però, potrebbe aggrovigliarsi non poco nei prossimi mesi.
Il glorioso gruppo tedesco ha naturalmente stigmatizzato quanto accaduto in sede UE, ma curiosamente ha preso di mira soltanto il governo italiano, glissando sul fatto che, in definitiva, è proprio il diktat tedesco a spostare non poco i termini della questione.
Il rammarico di Mercedes
Mercedes si dice contraria all’opposizione del nostro governo nei confronti dell’auto elettrica. Com’è ormai noto, la passata settimana proprio Italia e Germania hanno deciso di porre il loro veto all’effettuazione del voto che doveva sancire lo stop definitivo alla vendita di veicoli dotati di motore endotermico lungo il territorio europeo.
Lo ha fatto per bocca di Radek Jelinek, nel corso di un’intervista rilasciata a Open, in cui il presidente e CEO di Mercedes-Benz Italia ha affermato che l’industria è ormai pronta, con una strategia orientata ormai da tempo verso l’elettrificazione. Proprio a proposito del veto posto da Italia e Germania, lo stesso Jelinek ha poi aggiunto che indicare l’obiettivo del 2035 per lo stop ai veicoli non elettrici come irraggiungibile rappresenti una mentalità perdente in partenza. Jelinek, però, se da un lato riconosce il ritardo dell’Italia, sembra non capire a cosa sia effettivamente dovuto lo stesso. Tanto da affermare: “L’industria automobilistica è pronta, ma i clienti sono disorientati da tanta confusione e incertezza e il compito delle istituzioni è dare chiarezza, agevolando in più direzioni la transizione ecologica. Questo anche attraverso una sorta di mobility alliance che coinvolga tutti gli attori in campo: dai costruttori ai provider di energia».

Sempre secondo il CEO di Mercedes Italia, il problema italiano è da individuare nella difficoltà di costruire le condizioni per raggiungere l’obiettivo fissato a livello comunitario. Tanto da riesumare una vecchi massima di Massimo D’Azeglio, affermando che non è pensabile fare l’auto elettrica senza prima “fare gli italiani”. Ovvero innescare una vera e propria rivoluzione culturale che spinga i nostri connazionali a desiderare la conversione verso la mobilità ad emissioni zero. Il fatto è che per il nostro Paese non si tratta di un problema culturale, ma semplicemente finanziario.
Il problema italiano: l’elettrica costa troppo
Se Jelinek si attarda a magnificare la possibilità di viaggiare in lungo e in largo con un’auto elettrica, grazie ad una rete di rifornimento che continua a crescere, il problema che molti osservatori hanno messo in rilievo per il nostro Paese è quello dei costi. Detto in parole povere: le auto elettriche costano troppo in un Paese come il nostro ove dall’introduzione dell’euro i salari sono andati in calando, caso unico in ambito UE.
A ricordarlo è ad esempio stato un recente rapporto di Motus-E sulla diffusione delle colonnine di ricarica in Italia, dal quale si apprende che il nostro Paese non solo sta recuperando il gap nei confronti degli altri, ma si sta muovendo addirittura con maggiore velocità in tal senso. A fronte della crescita della rete infrastrutturale per le ricariche, però, le vendite di veicoli elettrici in Italia continuano a stentare non poco. Spingendo infine molti osservatori ad affermare che senza una politica salariale adeguata è assurdo poter pensare di invogliare gli italiani ad acquistare veicoli elettrici che al momento costano molto. Se lo stesso Jelinek afferma che il prezzo degli EV è destinato ad abbassarsi, al momento la realtà è che troppi nostri connazionali non possono permettersi la mobilità a zero emissioni. Anche in presenza di incentivi statali che, peraltro, sono subito andati a ruba sul versante dei veicoli a benzina o diesel, mentre sono stati sostanzialmente ignorati per le auto elettriche.
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