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Papa Francesco: Il Pastore Solitario dell’Umanità nella Tempesta della Pandemia.

Papa Francesco: Il Pastore Solitario nella Tempesta dell'Umanità durante la Pandemia
Autore: FOTO MARCO CALVARESE Copyright: marcocaribe@hotmail.com

Quella sera del 27 marzo 2020, una figura vestita di bianco avanzava lentamente, quasi con fatica, attraverso una Piazza San Pietro vuota e battuta dalla pioggia: Papa Francesco, solo, camminava verso il sagrato per un momento che sarebbe rimasto impresso nella memoria collettiva dell’umanità.

Non era la solita piazza brulicante di fedeli, ma uno spazio deserto, surreale. Le colonne del Bernini abbracciavano il vuoto, mentre il rumore della pioggia e delle sirene in lontananza sostituiva il consueto vociare dei pellegrini. Il mondo era paralizzato da un nemico invisibile, e Roma, come tante altre città, era diventata una città fantasma.

Francesco, il Papa venuto “dalla fine del mondo”, si trovò a guidare la Chiesa in un momento in cui il mondo sembrava davvero essere giunto alla sua fine. La pandemia di COVID-19 aveva costretto miliardi di persone all’isolamento, separato famiglie, rubato vite. In quel momento drammatico, il Pontefice scelse di non nascondersi, ma di affrontare la tempesta, proprio come quella che cadeva letteralmente su di lui quella sera.

Papa Francesco: Il Pastore Solitario nella Tempesta dell'Umanità durante la Pandemia
Credits: Vatican News

“Ci siamo trovati impauriti e smarriti”, disse con voce ferma ma carica di emozione. “Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa.” Le sue parole risuonavano nella piazza vuota, amplificate dalla solitudine, mentre milioni di persone lo guardavano attraverso gli schermi nelle loro case, uniti nella preghiera e nella paura.

Quella cerimonia straordinaria rappresentò un momento unico nella storia della Chiesa: un Papa che prega da solo, per tutti.

L’immagine di Francesco che sale con fatica i gradini, appoggiandosi al suo bastone, sotto la pioggia battente, divenne iconica. Non c’era la folla ad acclamarlo, non c’erano i canti solenni delle grandi celebrazioni. C’era solo un uomo, anziano e provato, che portava sulle spalle il dolore del mondo.

Durante la pandemia, Francesco è stato costretto a reinventare il suo ministero; Lui, che aveva fatto del contatto diretto con i fedeli la sua cifra distintiva, si è trovato improvvisamente separato dal suo gregge.

Le udienze generali senza pubblico, trasmesse dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico, la benedizione domenicale dalla finestra che si affacciava su una piazza vuota, le celebrazioni pasquali in una basilica deserta.

Eppure, è stato proprio in questa distanza forzata che molti hanno riscoperto la vicinanza spirituale di questo Papa. La sua preghiera solitaria in Piazza San Pietro quella sera di marzo ha incarnato il senso di isolamento che ciascuno stava vivendo. In quel momento, il Pontefice non era solo il capo della Chiesa cattolica, ma un simbolo di umanità condivisa, di fragilità e speranza.

“Nessuno si salva da solo”, ripeteva Francesco durante quei mesi difficili. E lo dimostrava con i gesti, come quando ha donato respiratori a ospedali in difficoltà o ha istituito un fondo per aiutare le famiglie colpite dalla crisi economica seguita alla pandemia.

La sua voce è stata tra le prime a levarsi contro il “virus dell’indifferenza”, chiedendo che i vaccini fossero accessibili a tutti, soprattutto ai più poveri. Ha denunciato ripetutamente le disuguaglianze accentuate dalla pandemia, ricordando che il virus colpiva tutti ma non in modo uguale.

Oggi, guardando indietro a quella cerimonia sotto la pioggia, comprendiamo ancora meglio la sua portata simbolica; Francesco, con il crocifisso miracoloso che aveva salvato Roma dalla peste nel XVI secolo e l’icona della Madonna Salus Populi Romani, non stava semplicemente conducendo un rito religioso.

Stava offrendo al mondo un’immagine di speranza nella desolazione, di presenza nella distanza, di comunità nella solitudine.

“Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio”, disse alla fine della cerimonia. E in quel momento, molti sentirono davvero quell’abbraccio, nonostante le distanze fisiche imposte dalla pandemia.

Papa Francesco, il Papa della pandemia, ci ha insegnato che a volte la più grande dimostrazione di vicinanza può avvenire proprio nella distanza, e che la solitudine condivisa può diventare il più potente strumento di comunione.

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