Nella vera e propria guerra contro TikTok scatenata negli Stati Uniti, ora si iscrivono anche i college.
Dalla University of Oklahoma alla Auburn University dell’Alabama, cresce il fronte dei contrari alla popolare app, pronti non solo a vietarla nelle proprie reti wi-fi, ma anche a disattivare l’account sulla piattaforma.
La decisione sta suscitando non poca contrarietà tra gli studenti e ha spinto il portavoce dell’azienda, Jamal Brown a lamentarsi con il New York Times, affermando che le decisioni prese non hanno nulla a che vedere con esigenze di sicurezza o di studio. La decisione va ad aggiungersi a quella presa poche ore prima e relativa al divieto di sette stati dell’Unione (Texas, Alabama, Maryland, Oklahoma, Utah, South Dakota e South Carolina) per i dispositivi federali. Un provvedimento il quale era peraltro già stato preso dal Nebraska nel corso del 2020.
Una vera e propria crociata contro TikTok
Le decisioni prese da college e Stati fanno seguito ad una lunga serie di provvedimenti emanati contro il social cinese di proprietà della Bytedance. Tra di essi anche la lettera inviata da un gruppo di 15 procuratori generali ad Apple e Google in cui si chiedeva espressamente di escludere TikTok dall’elenco di app appropriate per gli adolescenti.
Se le polemiche in questione sono ormai di vecchia data, il sospetto è che dietro la crociata in atto non ci siano preoccupazioni per la salute mentale degli adolescenti, quelli che stanno consegnando il successo planetario all’app, bensì la necessità di marcare il territorio da parte di Washington, nella vera e propria guerra tecnologica che vede impegnati i due Paesi. Una guerra la quale ha come obiettivo la leadership globale, con Pechino ormai palesemente all’attacco della posizione di rendita consegnata dal dollaro agli Stati Uniti.
Il primo è stato Donald Trump
A dare il via alle ostilità è stato Donald Trump, quando il tycoon era ancora alla Casa Bianca. Alla metà del 2020 il bando a TikTok sul territorio federale sembrava ormai cosa fatta, con la motivazione che la piattaforma costituiva una minaccia alla sicurezza nazionale.

Ad evitare il provvedimento fu una lunga trattativa, al termine della quale TikTok riuscì a restare nel Paese, gettando le basi per un successo sempre più forte, soprattutto tra gli utenti più giovani, a danno in particolare di Facebook e Instagram. Il tutto nonostante le continue minacce dal fronte repubblicano, in particolare da parte di Marco Rubio, senatore che si spinse all’epoca a chiedere il bando definitivo di TikTok dal territorio nazionale.
Con l’avvento di Biden sembrava che le cose potessero cambiare, con il ripristino di un’atmosfera più distesa. Una speranza andata presto delusa, con la sostanziale continuità della politica di Washington nei confronti delle imprese facenti riferimento al gigante asiatico. Il tutto in un quadro di conflitto tecnologico che potrebbe intensificarsi nell’immediato futuro.
L’esordio dello yuan digitale preoccupa l’opinione pubblica USA
A rendere ancora più incandescente la situazione potrebbe essere il previsto debutto ufficiale della CBDC (Central Bank Digital Currency) cinese, ovvero la criptovaluta di Stato gestita dalla banca centrale di Pechino.
Secondo molti osservatori lo yuan digitale potrebbe portare un deciso attacco al potere imperiale del dollaro su cui si fonda la leadership globale degli Stati Uniti. La posizione del biglietto è già stata messa in difficoltà da una serie di mosse come quella che ha spinto la Russia a smaltire tutto il suo quantitativo per altri asset monetari.
A livello internazionale sono peraltro molti i Paesi che sembrano ormai intenzionati a seguirne le mosse, mentre sul piano commerciale va ricordato il varo del RCEP (Regional Comprehensive Economic Partnership), l’accordo che ha legato i dieci Paesi dell’ASEAN (Association of South-East Asian Nations) a Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud, dando vita alla più grande area di libero scambio a livello globale.
In un quadro di sempre più aspra conflittualità tra Stati Uniti e Cina, non sembra proprio da escludere che l’ostilità contro TikTok sia da ascrivere alle frizioni tra i due Paesi, come messo in evidenza da un numero crescente di osservatori.
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