10 anni fa, l’8 marzo 2014, il volo Malaysia Airlines 370 decollava da Kuala Lumpur con destinazione Pechino, ma non sarebbe mai arrivato a destinazione.
A bordo c’erano 239 persone, di cui 153 cinesi, 50 malesi, 7 indonesiani, 6 australiani, 5 indiani, 4 francesi, 3 americani, 2 canadesi, 2 neozelandesi, 2 ucraini, 2 iraniani, un russo, un olandese e un taiwanese. Da allora, il destino del Boeing 777-200ER è rimasto avvolto nel mistero, nonostante le più estese e costose ricerche della storia dell’aviazione.
Le ipotesi e le indagini sulla scomparsa del MH370.
Le ipotesi sulla scomparsa del volo MH370 sono molte e variegate, ma nessuna è stata confermata con certezza. Alcune delle più diffuse sono:
- Un atto di terrorismo o di pirateria aerea, che avrebbe portato il pilota o qualcuno a bordo a deviare il volo e a disattivare i sistemi di comunicazione e di localizzazione. Questa ipotesi è stata sostenuta da alcuni indizi, come il fatto che due passeggeri iraniani avevano viaggiato con passaporti rubati, o che il pilota aveva un simulatore di volo a casa con alcune rotte verso l’Oceano Indiano. Tuttavia, nessun gruppo ha rivendicato la responsabilità dell’incidente, e le indagini sulle persone a bordo non hanno trovato alcun legame con organizzazioni terroristiche o motivi criminali.
- Un guasto tecnico o un incendio, che avrebbe causato una perdita di pressione o di ossigeno nella cabina, rendendo l’equipaggio e i passeggeri incoscienti. In questo caso, il volo avrebbe continuato a seguire una rotta preimpostata dal pilota automatico, fino a esaurire il carburante e a precipitare in mare. Questa ipotesi è stata avvalorata dall’analisi dei dati satellitari, che hanno mostrato che il volo ha mantenuto una velocità e un’altitudine costanti per diverse ore, senza cambiare direzione. Tuttavia, non è chiaro come si sia verificato il guasto o l’incendio, e perché non sia stato segnalato da nessuno a bordo o a terra.
- Un atto di suicidio del pilota o di un membro dell’equipaggio, che avrebbe deliberatamente deviato il volo e lo avrebbe fatto schiantare in un luogo remoto e inaccessibile. Questa ipotesi è stata suggerita da alcuni esperti, che hanno notato che il pilota aveva avuto problemi personali e professionali, e che aveva scelto una rotta che evitava i radar civili e militari. Inoltre, alcuni detriti dell’aereo ritrovati in seguito hanno mostrato segni di danni intenzionali. Tuttavia, non ci sono prove concrete che il pilota o l’equipaggio avessero intenzioni suicide, e i loro familiari e colleghi li hanno sempre descritti come persone normali e affidabili.

Le indagini sulla scomparsa del volo MH370 sono state condotte da diversi paesi e organizzazioni, tra cui la Malaysia, la Cina, l’Australia, la Francia, il Regno Unito, gli Stati Uniti e l’Interpol. Le ricerche si sono concentrate principalmente nell’Oceano Indiano meridionale, dove i dati satellitari hanno indicato l’ultima posizione nota dell’aereo. Tuttavia, nonostante l’impiego di sofisticate tecnologie e di numerosi mezzi aerei e navali, il relitto dell’aereo non è stato mai localizzato. Le ricerche ufficiali sono state sospese nel gennaio 2017, dopo aver esplorato un’area di 120.000 chilometri quadrati, senza trovare alcuna traccia. Successivamente, una società privata americana, la Ocean Infinity, ha ripreso le ricerche per sei mesi nel 2018, ma anch’essa senza successo.
I detriti ed i cirripedi.
L’unica prova concreta della scomparsa del volo MH370 sono i detriti dell’aereo che sono stati ritrovati in vari luoghi dell’Oceano Indiano, tra cui l’isola di Riunione, il Madagascar, il Mozambico, il Sudafrica e la Tanzania. Finora, sono stati identificati 27 pezzi di detriti, tra cui parti dell’ala, della coda, della cabina e del motore. Alcuni di questi detriti sono stati confermati come appartenenti al volo MH370, mentre altri sono stati considerati altamente probabili o possibili. I detriti hanno fornito alcune informazioni sulle condizioni dell’aereo prima dell’impatto, ma non hanno permesso di stabilire la causa o il luogo esatto dell’incidente.
Un elemento interessante dei detriti è la presenza di cirripedi, dei piccoli crostacei che si attaccano alle superfici sommerse e che formano delle incrostazioni. I cirripedi sono stati trovati su alcuni pezzi di detriti, e hanno attirato l’attenzione di alcuni scienziati, che hanno cercato di sfruttare le loro caratteristiche per ricostruire il percorso dei detriti e quindi dell’aereo. I cirripedi, infatti, crescono in modo diverso a seconda della temperatura e della composizione chimica dell’acqua in cui si trovano, e quindi possono registrare le variazioni ambientali che hanno subito i detriti durante la loro deriva. In particolare, gli scienziati hanno analizzato gli strati del guscio dei cirripedi, che si formano in modo periodico e che possono essere letti come gli anelli di un albero. Misurando la temperatura e la composizione chimica di ogni strato, è possibile ricostruire la cronologia delle temperature e delle correnti oceaniche che hanno influenzato i detriti.

Uno studio pubblicato nel 2023 sulla rivista Advances dell’Unione Geofisica Americana ha proposto dei nuovi metodi per utilizzare i cirripedi come indicatori della deriva dei detriti. Lo studio, condotto da una squadra internazionale di ricercatori, si è basato sui cirripedi trovati sul flaperon dell’aereo, il primo pezzo di detrito ritrovato sull’isola di Riunione nel 2015. I ricercatori hanno sviluppato dei modelli matematici e statistici che, partendo dalla cronologia delle temperature registrata dai cirripedi, sono in grado di stimare il percorso dei detriti e quindi il luogo dell’incidente. I risultati dello studio sono in linea con le precedenti ricerche, che avevano individuato una zona nell’Oceano Indiano meridionale come il probabile sito dell’incidente. Tuttavia, lo studio ha anche evidenziato le difficoltà e le incertezze di questo tipo di analisi, che dipendono da molti fattori, come la qualità dei dati, la variabilità delle correnti, la forma e il peso dei detriti, e la sopravvivenza dei cirripedi.
Le speranze e le domande.
A dieci anni dalla scomparsa del volo MH370, il mistero rimane irrisolto, e le speranze di trovare il relitto dell’aereo e le scatole nere sono sempre più flebili. Le autorità malesi hanno dichiarato che le ricerche potranno essere riprese solo se ci saranno nuove prove credibili e specifiche che indichino una nuova area di ricerca. Alcuni familiari delle vittime, però, non si sono arresi, e hanno continuato a chiedere verità e giustizia, organizzando iniziative, proteste e petizioni. Alcuni di loro hanno anche partecipato alle ricerche dei detriti, recandosi personalmente nelle zone dove sono stati ritrovati i pezzi dell’aereo. Altri hanno cercato di ottenere un risarcimento legale dalla Malaysia Airlines, ma hanno incontrato ostacoli e resistenze.
La scomparsa del volo MH370 ha sollevato anche molte domande e riflessioni sulle pratiche e le norme dell’aviazione civile, e ha stimolato anche il progresso tecnologico e la cooperazione internazionale, portando all’introduzione di nuovi sistemi di tracciamento e di condivisione dei dati tra le diverse agenzie e paesi. Tuttavia, il caso del volo MH370 ha anche evidenziato i limiti e le sfide della scienza e della tecnologia, che non sempre sono in grado di fornire risposte certe e definitive.
Il volo MH370 è diventato uno dei più grandi enigmi della storia dell’aviazione, e ha generato una vasta letteratura e una fervida immaginazione, tra teorie del complotto, romanzi, film e documentari.
Ma al di là delle speculazioni e delle fantasie, il volo MH370 è soprattutto una tragedia umana, che ha colpito le vite di centinaia di persone e dei loro cari, che ancora oggi attendono di sapere cosa sia realmente accaduto. Forse, un giorno, il mistero sarà risolto, e il volo MH370 potrà finalmente riposare in pace.