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Redditometro: Cos’è, in Cosa Consiste e Perché è Stato Abolito.

Redditometro
Credit: WilliamCho (Pixabay)

Ecco in cosa consiste il redditometro, la misura recentemente abolita dal governo Meloni.

Negli ultimi giorni si è parlato tanto del redditometro, una misura che in fase momentanea non è più disponibile ufficialmente. A questo proposito il governo Meloni è stato molto chiaro, facendo divenire l’argomento in questione un vero e proprio trend in costante crescita.

Cosa alquanto insolita, essendo una misura non più disponibile. Tra politica ed economia, nell’articolo in questione si cercherà di fare chiarezza sull’accaduto, con un approfondimento che partirà ovviamente dalla definizione da dizionario del redditometro.

Cos’è il redditometro?

Per definizione, il redditometro è uno strumento di accertamento sintetico, che utilizza il reddito prodotto da un determinato soggetto per stabilirne le sue capacità contributive. L’onere che il contribuente deve rispettare senza se e senza ma, è quello relativo alla congruenza tra reddito e capacità contributive.

Negli ultimi giorni si è parlato tanto del redditometro, una misura che in fase momentanea non è più disponibile ufficialmente. A questo proposito il governo Meloni è stato molto chiaro, facendo divenire l'argomento in questione un vero e proprio trend in costante crescita
Credit: falco (PIxabay)

In caso di discrepanze tra queste due unità di valore, chi di dovere sarà legittimato ad effettuare tutte le indagini di rito ed eventualmente intervenire. I beni e servizi di cui dispone il contribuente dovranno essere in linea con le sue risorse finanziarie, ottenute dal proprio reddito o da altre forme legittime quali prestiti e cessioni.

Ma come funziona questa procedura all’atto pratico? Ecco la descrizione completa.

Ecco come funziona il redditometro.

Come anticipato sopra, lo scopo principale del redditometro è risalire alle capacità contributive dei contribuenti in base al loro reddito. Nel caso in cui ci fossero delle incongruenze tra questi due aspetti, si dovrà intervenire di conseguenza.

Le fasi iniziali prevedono che le autorità competenti richiedano al contribuente dei chiarimenti specifici, illustrando tutte le fonti da cui trae del reddito. In questa fase ci dovrà essere la massima trasparenza, senza dunque omettere alcun tipo di dettaglio.

Tutto ciò dovrà essere ovviamente accompagnato da un contraddittorio preventivo, dove l’ente che richiede le informazioni in questione dovrà rendere partecipe il contribuente dei motivi e delle modalità con cui avviene ciò. Superata questa seconda fase, il contribuente potrà eventualmente difendersi da ciò che gli è avverso.

Alla fine di questo processo burocratico, il giudice incaricato dovrà stabilire la legittimità o meno della difesa. Nel caso in cui le risposte fornite in merito alle accuse ricevute non dovessero essere ritenute valide, per il contribuente in questione ci saranno inevitabilmente delle gravi conseguenze.

Esiste inoltre soglia di tolleranza minima presa in causa, e riguarda tutte quelle discrepanze inferiori ai 12.000 euro. Nel caso in cui si rientrasse in questo range, il redditometro non sarebbe intervenuto. Ogni anno in cui questa misura ha fatto il suo corso, sono stati eseguiti circa 35.000 controlli a tappeto in tutta Italia.

Coloro che sono esclusi da questo provvedimento, o che lo sono stati, hanno ricevuto dall’Agenzia delle Entrate un comunicato apposito. Si tratta di una notifica di spiegazione, dove vengono menzionati coloro che sarebbero potuti essere interessati dal redditometro: ecco in cosa consiste.

Chi è escluso dal provvedimento?

In una nota risalente al 20 gennaio 2013, l’Agenzia delle Entrate ha reso noto che i titolari di una sola pensione non sono mai stati inclusi all’interno di questo nuovo provvedimento. La misura in questione è nata infatti per contrastare infatti il fenomeno dilagante della finta povertà, parlando testualmente di “evasione spudorata”.

Cosa che, nel caso dei pensionati, non può sussistere per ovvie ragioni. Il fenomeno in questione riguarda infatti quella categoria di persone che, al fronte di spese ingenti, dichiara di avere un reddito minimo per poter usufruire di sconti e agevolazioni fiscali basate proprio sull’ISEE.

Nonostante questo provvedimento sia stato presente per tanto tempo, il governo Meloni ha deciso di sospenderlo. Ma soltanto momentaneamente: ecco il motivo.

Che fine ha fatto il redditometro?

Il governo Meloni ha ufficialmente sospeso il decreto legislativo che avrebbe permesso al redditometro di tornare in auge. Tuttavia, stando a quanto detto dalla Premier questo non è un passo indietro nella lotta contro l’evasione fiscale.

Verranno infatti stanate dalla loro tana tutte quelle categorie di persone che fanno parte dei grandi evasori. Ovvero, come apostrofati proprio dalla Meloni, coloro che girano con il Suv ma si dichiarano nullatenenti agli occhi dello Stato, e del fisco.

Non è un mistero il fatto che l’Italia abbia non pochi problemi con la gestione dell’evasione fiscale. Si stima infatti che il valore delle tasse non pagate dai contribuenti lungo tutto il territorio ammonti a circa 83 miliardi di euro. Gli opinionisti meno ottimisti definiscono questa situazione un punto di non ritorno, trovando molti pareri concordi.

Al momento non è facile stabilire quale sarà il destino definitivo del redditometro. Sebbene sia stato abolito, questa è una decisione provvisoria, dato che la stessa Meloni sembra voler valutare al meglio le specifiche burocratiche di questo decreto, prima di procedere con una sua eventuale reintroduzione.

Nonostante l’intento di questa misura sia effettivamente nobile e utile alla causa, le perplessità sono state piuttosto numerose.

Critiche e perplessità su questa misura.

La percezione che si ha del redditometro, è che sia uno strumento molto più “scomodo” ai partiti che non agli evasori, gli autentici destinatari di questa misura. Probabilmente per questioni di natura politica, tutti i partiti interessati hanno preso a loro volta le distanze da questo strumento onde evitare di perdere consensi utili.

Nonostante questo dissenso, è doveroso sottolineare come il redditometro non sia mai stato considerato come “centrale” dall’Agenzia delle Entrate. In primis poiché non è mai stato chiaro il suo metodo di utilizzo, rendendolo dunque complicato sia a livello pratico che a livello burocratico.

In secondo luogo, per via di un costo di realizzazione e di gestione esorbitante, facendo così intuire come il gioco non ne valesse la candela. I diretti interessati a capo dell’ente citato, hanno parlato di questa misura come una corsia di emergenza, usata soltanto quando non si ha altro modo di risalire al reddito del contribuente.

Diversamente, questo decreto non è mai stato particolarmente sponsorizzato dalle autorità competenti. Questo non esclude tuttavia che torni in auge, eventualmente in una forma rivisitata dal governo attuale. Cosa sulla quale sembra che la Premier stia riflettendo, seppur al momento possa sembrare abbastanza “ferrea” nella sua decisione.

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