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Colomba pasquale: classica o rivisitata, è una tradizione che non manca mai sulle nostre tavole.

Credits: da lavaligiainviaggio tramite Pixabay

Di dolci pasquali, da Nord a Sud Italia, ce ne sono tanti, ma solo uno “mette d’accordo” ogni palato, per il profondo significato e l’indiscutibile bontà che lo caratterizzano.

Emblema di pace e di speranza, con la sua morbidezza, il suo profumo di agrumi canditi e il suo aroma unico la colomba è infatti apprezzata praticamente all’unanimità, sia dagli adulti che dai piccini, “spiccando” su ogni tavola. Quale indiscussa  “consuetudine” che si perpetra negli anni senza perdere la sua “essenza”, proprio come il pandoro ed il panettone a Natale.

Da quella classica, propria degli amanti della tradizione e della ricetta originaria, a quella arricchita da golose farciture o coperture, l’offerta è davvero ampia, così da assecondare le personali preferenze nonché specifiche esigenze in merito. Un’offerta – di fatto – per tutti, per chi non ama la frutta candita o per chi è intollerante al glutine ad esempio, come pure per chi gradisce le sperimentazioni culinarie, optando, dunque, per una colomba alla nocciola, al cioccolato o al pistacchio, per citare qualche opzione.

Indipendentemente dalla propria scelta, comunque, una cosa è certa: la colomba è il dolce pasquale per antonomasia, il più “rappresentativo” di questa ricorrenza… scopriamone allora qualcosa di più, proseguendo insieme nella lettura.

Come è nata la colomba pasquale: tra leggenda e realtà, ecco la storia (o meglio, le storie), del tipico dolce pasquale.

Tutti la gradiscono, ma non tuttiprobabilmente – conoscono la “nascita” della colomba e le sue origini. Che la tradizione vuole siano lombarde,  perché è la Lombardia il “teatro” di tutte le leggende che hanno come protagonista il dolce pasquale in oggetto. Diverse, sono, al riguardo, le “versioni” da segnalare.

La prima è quella che fa risalire la nascita della colomba all’epoca longobarda, quando il re Alboino, oltrepassate le Alpi, assediò la città di Pavia. Un assedio durato tre anni, che si concluse con la conquista della città stessa, nel 772 d.C. I pavesi, allora, offrirono al nuovo sovrano soffici dolci di pane a forma di colomba, un gesto di pace che, secondo la leggenda, risparmiò loro la vita, ed elesse Pavia come capitale del nuovo regno.

Un’altra versione vede la regina Teodolinda, intorno al 610, accogliere in terra longobarda un gruppo di pellegrini irlandesi, guidati da San Colombano, ed offrire loro un sontuoso banchetto a base di selvaggina.  A disagio dinanzi ad esso, essendo il periodo in corso quello quaresimale, il Santo benedì la selvaggina trasformando le carni rosse in bianche colombe di pane. Ed il miracolo compiuto divenne un simbolo della Pasqua cristiana.

La terza versione “colloca” invece l’origine della colomba pasquale ai tempi della battaglia di Legnano (1176), con la vittoria dei Comuni della Lega Lombarda sull’imperatore germanico Federico Barbarossa. La leggenda narra della presenza di tre colombe bianche durante la battaglia, interpretate quale segno di protezione divina: al termine della battaglia stessa, allora, un condottiero del Carroccio fece preparare dei pani dalla forma di colomba, proprio in ricordo dell’accaduto.

Molto più recenti sono, invece, le “radici” della colomba pasquale così come noi tutti la conosciamo attualmente.

È degli anni Trenta, infatti, la sua creazione, con il “riciclo”, in pratica, di quello che era l’impasto adoperato per produrre il già esistente panettone natalizio. L’intuizione si deve a Dino Villani, artista e pubblicitario veronese che decise di servirsi degli stessi macchinari utilizzati, appunto, per il panettone, dando così vita ad un nuovo dolce pasquale, dalla forma di colomba e con la superficie rivestita di glassa all’amaretto e mandorle.

Un vero successo, e – non da ultimo – anche un modo per risparmiare, e per evitare di interrompere la produzione al termine del “periodo” dedicato ai panettoni natalizi. Senza privare così di lavoro gli operai per gran parte dell’anno.

I criteri scegliere la “migliore” colomba pasquale: a cosa badare al momento dell’acquisto?

Buona è buona… senza alcun dubbio! Ma come scegliere la “migliore” colomba, tra i diversi prodotti in commercio? Che sia “classica”, propria della tradizione, o “reinterpretata”, è opportuno affidarsi ad alcune “linee-guida”, facenti leva sugli ingredienti, sulla lavorazione, e su determinati tratti distintivi. Così da essere sicuri di portare in tavola la colomba “perfetta”, pronta per essere gustata, fetta dopo fetta!

Partendo dagli ingredienti, bisognerà mettere al primo posto la qualità, e dunque la genuinità, prediligendo burro fresco, farine scelte, uova fresche biologiche e lievito madre naturale. Essenziale è, sul punto, la lievitazione naturale con lievito madre – della durata ideale di 24-48 ore – perché si abbia un impasto morbido ed alveolato.

Altri due “punti fermi” di una colomba “doc” sono rappresentati dalla sua morbidezza e dal suo aroma. Il tipico dolce pasquale deve infatti essere soffice e leggero, con una dolcezza delicata ed un retrogusto gradevolmente aromatico, mentre il suo profumo deve “sapere” di agrumi, vaniglia e mandorle tostate.

Non da ultimo, va considerata la “storia” del prodotto e la lunga produzione nel settore, come pure un “segno” locale, quale attenzione verso l’aspetto qualitativo e le tradizioni culturali.

Un suggerimento ulteriore, poi, per assaporare al meglio la propria colomba: quello di consumarla a temperatura ambiente, magari accompagnata da un passito o da uno spumante. Per un piacevole tocco in più.

Colomba pasquale: classica o rivisitata, è una tradizione che non manca mai sulle nostre tavole
Credits: da paolofalcioni tramite Pixabay

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