Gigi Paoli, fiorentino, giornalista e scrittore. Una carriera di ben trentatre anni al quotidiano La Nazione di cui quindici anni nella cronaca giudiziaria, ma da circa dieci anni scrive anche romanzi di successo con l’Editore Giunti.
Venerdì 11 agosto, in una calda e affollata serata in Versilia, ha presentato il suo ultimo libro ‘La voce del buio’ alla rassegna Giallo d’A(mare) e Diffusione libro a Lido di Camaiore dialogando con Giuseppe Previti, Presidente Associazione Giallo Pistoia, e con un folto pubblico di lettori.

Gigi, possiamo dire che sei un figlio d’arte, e che il mestiere di giornalista ti è stato’ passato’ da tuo padre? Come nasce la tua passione per questa professione che oggi appare molto problematica?
“Sono doppio figlio d’arte in verità. Non solo da parte di mio padre, che era giornalista professionista e che ha terminato la sua carriera a Bruxelles, ma anche per mia madre, giornalista pubblicista e critica teatrale. Il giornalismo era, ed è, proprio nel mio Dna e mi ritengo molto fortunato perché faccio quello che ho sempre sognato di fare, il giornalista, da quando avevo 6 anni e facevo il giornaletto di classe ritagliando le vignette da Topolino… Dico spesso che scrivere è l’unica cosa che so fare, anche se la mia compagna e mia figlia dicono che me la cavo bene anche in cucina…”.
Il passaggio da giornalista a scrittore come è avvenuto e perché?
“Ho scritto il mio primo libro in pausa pranzo al giornale con un solo obiettivo: una sfida con me stesso. Ho letto tanti gialli in vita mia, mi sono detto, vediamo se riesco a scriverne uno. Lo facevo leggere capitolo per capitolo a chi mi era vicino e mi dicevano che funzionava. Alla fine, ho provato a mandarlo in giro a qualche casa editrice e Giunti mi ha risposto, entusiasta. E mai avrei pensato di poter arrivare fino a qui”.

Durante l’incontro con i tuoi lettori a Lido di Camaiore hai detto che il personaggio Marchi, dei tuoi primi romanzi gialli, ti somiglia. In cosa è simile a te?
“Beh, Carlo Alberto Marchi è stato per certi aspetti facile da creare perché affronta argomenti che ben conosco, direttamente: il giornalismo, il rapporto con i colleghi, le fonti d’informazione da cui attingere notizie, le difficoltà di crescere da solo una figlia adolescente, una visione della vita molto ironica. C’è molto Paoli in Marchi. Quasi tutto, direi”.
Con il tuo ultimo lavoro come scrittore, ‘La voce del buio’ – edizioni Giunti, hai cambiato completamente storia, ambiente, personaggi? Chi ti ha dato l’input per questa variazione?
“Era arrivato il momento di provare a uscire dalla mia ‘confort zone’ ed è stato il direttore editoriale di Giunti, Antonio Franchini, la persona a cui devo tutto di questa avventura fra i libri, a spingermi in questa direzione: un nuovo personaggio originale come il professor Montecchi, fuori da Firenze ma sempre legato a luoghi che conosco e amo, come appunto sono Verona, il sud della Francia o il Passo della Mendola, dove ho visto con i miei occhi la Villa dove si svolge la storia. Marchi però non sparisce eh, tornerà, un giorno”.
Montecchi VS Marchi…una bella sfida…ma chi vince? Nel prossimo libro… quale personaggio sarà protagonista?
“Non vince nessuno, ma sarebbe un pirotecnico pareggio ricco di gol. Perché credo sia come quando hai più figli: l’amore si moltiplica, non si divide. E non credo che tu possa amarne uno più di un altro. Il prossimo libro? Montecchi ha un sacco di cose ancora da dire. E le dirà”.
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