Sono gli italiani la comunità straniera più numerosa a Londra: un record che però non costituisce un vanto

Nonostante la Brexit, il numero dei nostri connazionali che si recano nel Regno Unito per motivi di lavoro continua a crescere. Se sino a qualche tempo fa erano i polacchi ad emigrare in massa a Londra e dintorni, ora sono gli italiani a stabilire un record in tal senso.

Il dato che emerge dalle statistiche elaborate dall’ONS (Office for National Statistics) pubblicate da Bloomberg, non è certamente lusinghiero, in quanto attesta la ripresa di quell’emigrazione che aveva a lungo caratterizzato il nostro Paese. Una emigrazione che è la risultante di una situazione sempre più disastrosa nel nostro Paese, ove per chi è alla ricerca di occupazione il mercato del lavoro si rivela sempre meno propizio.

Senza contare che la mancanza di occasioni in tal senso si va a sposare con stipendi sempre più magri, gli unici in calo a livello continentale dall’istituzione dell’Unione Europea. Il combinato disposto tra questi due fattori sta quindi consigliando sempre più i giovani italiani a spostarsi nel Regno Unito, ove è possibile trovare occasioni che l’Italia non riesce più a offrire.

I numeri parlano chiaro

L’ultimo censimento al riguardo è quello relativo al 2021, quando l’ONS, l’Istat locale, ha attestato la presenza di circa 280mila cittadini italiani all’interno della Gran Bretagna. Per capire meglio cosa stia accadendo, occorre ricordare come il dato risulti quasi raddoppiato rispetto a dieci anni fa.
Proprio la capitale rappresenta la meta privilegiata di questi 280mila nostri connazionali, tanto da aver superato comunità tradizionalmente forti in loco come quelle indiana e polacca. Occorre peraltro ricordare che i dati più recenti del Consolato Generale d’Italia sono ancora più rilevanti, tanto da indicare quelli ufficiali in ben 490mila. La differenza dei numeri si spiega con il fatto che dalla rilevazione dell’ONS sono già passati due anni, senza contare che, con ogni probabilità, gli inglesi potrebbero aver messo nel calderone esclusivamente i cittadini italiani nati nel Regno Unito.

Se quest’ultimo dato rappresenta quasi il doppio dei dati di cui dispone il governo inglese, si tratta comunque di dati ancora incompleti. Il consolato, infatti, è in grado di tenere conto esclusivamente degli iscritti all’AIRE, il registro degli italiani all’estero, atto necessario per esercitare il diritto di voto anche stando fuori dal territorio nazionale e accedere ai servizi consolari. Se si tratta di un obbligo di legge, come al solito è gestito all’italiana, senza alcun genere di sanzione per chi non lo rispetti. Si tende comunque a calcolare nel 30% del totale il dato relativo a chi non risulta in alcun elenco di questo genere, portando il dato complessivo a 650mila.

Sono circa 366mila gli italiani che risiedono a Londra

Se si prende il solo dato riferito alla capitale, gli italiani sarebbero 366mila, un numero che farebbe di Londra la settima città italiana per numero di residenti.
Il dato su cui si dovrebbe poi riflettere è quello relativo all’età media dei cosiddetti expat, la quale si attesta a 37 anni, contro i 46 di quella degli italiani restati in patria. I minorenni rappresentano circa il 22%, contro il poco meno del 10% di anziani. Per un Paese ove si continua a parlare di crisi demografica il dato dovrebbe destare grande allarme, ma con tutta evidenza non si vogliono rimuovere le cause che stanno spingendo all’emigrazione di massa, riportando in auge una pratica che sembrava ormai dimenticata. Con tutta evidenza non è così.

Il danno per l’Italia è doppio

Come al solito, nel nostro Paese si segnala un problema, se ne parla molto, per poi lasciare tutto sulla carta, senza prendere provvedimenti tesi a risolverlo. Quello della ripresa dell’emigrazione, in particolare quella giovanile, è un problema gigantesco per il sistema Paese. Ad uscire, infatti, non sono giovani senza alcuna particolare capacità, bensì persone dotate di preziose capacità e titoli di studio di rilievo.

Secondo i dati Istat, infatti, il 25% degli espatriati vanta una laurea. Un dato che peggiora ulteriormente il problema, in quanto segnala come l’Italia formi ragazzi ambiti dai sistemi concorrenti impegnando risorse senza alcun genere di ritorno. Un trend che non muta nel caso dell’Inghilterra, cui in pratica regaliamo giovani in grado di apportare tutta la loro competenza in un sistema con cui siamo chiamati a confrontarci a livello globale. Le ricette per ovviare alla situazione, naturalmente, si sprecano, mentre a latitare è l’attuazione pratica.

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