Se è vero, come disse il poeta francese Charles Baudelaire, che chi beve solo acqua ha un segreto da nascondere, è altrettanto vero che per godersi un buon drink non è necessario che questo sia eccessivamente alcolico.
Qualsiasi bravo bartender vi dirà infatti che il vero segreto dell’arte della mixology sta nella scelta degli ingredienti, nella loro corretta misurazione e, ovviamente, nell’equilibrio tra i sapori.
Prima delle nostre proposte riguardo i migliori cocktail a basso contenuto alcolico per una serata piacevole all’insegna del buon bere, però, è necessario un piccolo passo indietro per aiutarci nella definizione di “low alcol”.
Cosa intendiamo per cocktail low alcol?
Iniziamo col dire che definire cosa sia una bevanda analcolica è molto facile. Secondo la legge italiana, una bevanda può definirsi tale se contiene meno dell’1% di alcol.
Più difficile è stabilire quali siano i cocktail o le bevande a bassa gradazione alcolica, poiché la legge non dà alcuna direttiva specifica a tal riguardo, e ognuno può teoricamente regolarsi come preferisce.
Anzitutto, specifichiamo che sarebbe più corretto parlare di tenore alcolico perché, ovviamente, la quantità di alcol è calcolata in percentuale alla dimensione della bevanda.
Per intenderci, come è ovvio e facilmente intuibile, un cicchetto di vodka è molto più alcolico di una pinta di birra, a dispetto delle rispettive dimensioni.
Ma per non addentrarci troppo in discussioni tecniche e per stabilire un’asticella che sia il più possibile condivisibile, diciamo che si considerano genericamente poco o mediamente alcolici quei cocktail che gravitano intorno ai 7/8° e fino agli 11/12°.
Va da sé che l’effetto dell’alcol varia anche in base a tanti fattori, dal peso della singola persona alle condizioni dello stomaco (se vuoto o pieno) fino alla quantità assoluta di alcol che si ingerisce, a prescindere dalla gradazione.
Fatte le doverose premesse, addentriamoci ora nel gustoso e variegato mondo di quelli che possiamo definire cocktail low alcol con le nostre 5 proposte!
L’Americano, un classico intramontabile.
Al primo posto ddlla nostra lista non poteva che esserci l’Americano, antesignano del Negroni e celeberrimo aperitif cocktail noto e apprezzato in tutto il mondo che, a dispetto del nome, è 100% Made in Italy.
Le sue origini si perdono tra storia e leggenda. C’è che dice che risalga addirittura al 1860, inventato da Gaspare Campari nel suo bar di Milano e c’è chi ne sposta l’origine fino agli anni ’30 del novecento.
Quale che sia la verità, la consacrazione dell’Americano risale al 1986, quando venne inserito nella lista dei cocktail IBA nella categoria Unforgettables.
Una composizione elegante e semplice: 3ml di Bitter Campari, 3ml di Vermouth rosso e una spruzzata di soda in un bicchiere Old Fashioned ricolmo di ghiaccio per un totale di 11° circa. Guarnizione a piacere con una fettina di arancia o una scorza di limone.
Un cocktail dissetante e beverino, ideale come predinner, dalle note dolci ma con un sorprendente finale amarognolo. Ideale da sorseggiare ad un aperitivo elegante, con un Americano si fa sempre la scelta giusta.
Il Bellini, stile italiano.
Proseguiamo il nostro viaggio con il Bellini, sparkling cocktail famoso in tutto il mondo che deve il suo nome nientemeno che al pittore Giovanni Bellini.
Inventato dal bartender e imprenditore Giuseppe Cipriani nel suo Harry’s Bar di Venezia nel 1948, il cocktail si chiama così perché il suo colore ricordò a Cipriani quello della toga di un angelo in un dipinto del celebre pittore veneziano.
Elegante e raffinato, come suggerisce il suo nome, il Bellini va servito in un flute da champagne ed è composto da 100ml di Prosecco e 50ml di purea di pesca bianca per un totale di soli 5° circa.
Delicato, frizzante e fruttato, il Bellini è diventato velocemente celebre in tutto il mondo, fino ad essere inserito tra i Contemporary Classic IBA nel 1990.
Ne esistono numerose varianti, tra le quali possiamo ricordare il Rossini, con purea di fragola al posto della pesca, o il Bellini Royale, con lo champagne al posto del prosecco.
Lo Spritz, the Italian New Era.
Altra proposta low alcol e altra invenzione italiana, lo Spritz non necessita di troppe presentazioni, anche se forse non tutti conoscono la sua origine.
Il nome deriva infatti dal tedesco spritzen, spruzzare, e indica l’abitudine dei soldati austroungarici, a inizio ‘800, di allungare il Tocaj friulano con uno spruzzo di acqua frizzante, poiché lo ritenevano un vino troppo forte.
Col passare del tempo la ricetta naturalmente cambia e si evolve, fino a essere canonizzata in Veneto come sappiamo oggi: 90ml di prosecco, 60ml di Aperol e una spruzzata di soda per un totale di 11°, da servire in un calice ampio, da vino rosso, con ghiaccio e una fettina di arancia.
Inserito nella lista IBA nella categoria New Era nel 2011, lo Spritz è rapidamente assurto a fama internazionale, ed è oggi uno dei cocktail più bevuti al mondo, ideale per un aperitivo tra amici a tutte le latitudini.
Numerose le varianti, con il Campari, il Select o il Cynar, ne esistono anche versioni “bianche”, come il quasi altrettanto famoso Hugo Spritz, con il liquore al Sambuco che sostituisce il bitter e la menta fresca al posto dell’arancia.
Amaretto Sour, gusto e stile.
Benché vengano talvolta considerati una tipologia di cocktail quasi di nicchia, i sour (base alcolica + limone/lime + dolcificante) sono in realtà presenti nella celebre Bartender’s Guide del 1862, a dimostrazione del loro lungo successo.
E nel variegato mondo di questa tipologia di drink, ricordiamo ad esempio il Daiquiri o il Margarita, un posto di tutto rilievo spetta all’Amaretto Sour, stabilmente inserito in tutte le classifiche sui cocktail più bevuti al mondo. Non è tuttavia un cocktail IBA.
Realizzato con il celeberrimo liquore italiano Amaretto di Saronno (oggi semplicemente Disaronno), la ricetta prevede 50ml di Amaretto, 25ml di succo di limone, sciroppo di zucchero e albume d’uovo pastorizzato, per un totale di 9° circa. A piacere si può guarnire con una o due ciliegie al maraschino.
Al palato, il drink presenta il classico sapore “sour” a metà tra dolce e amaro, con le note morbide della mandorla e quelle più spigolose del limone che si fondono in un equilibrio perfetto. L’albume aggiunge una nota cremosa e spumosa.
Dell’Amaretto Sour esiste anche una versione leggermente più alcolica (11° circa), realizzata dal celebre bartender americano Jeffrey Morgenthaler, che prevede l’aggiunta di 20ml di whiskey (e la conseguente riduzione dell’Amaretto a 30ml).
Alla scoperta dell’Horse’s Neck.
Concludiamo la nostra breve rassegna con una sorpresa, un cocktail decisamente meno famoso dei precedenti ma non per questo meno meritevole di menzione.
Nato come bevanda analcolica per trovare refrigerio nei caldi ippodromi statunitensi a fine ‘800, nel primo decennio del ‘900 l’Horse’s Neck iniziò a diffondersi anche nella variante alcolica, tanto da diventare cocktail ufficiale IBA nel 1986 nella categoria Contemporary Classic.
La ricetta è molto semplice: in un bicchiere Highball con ghiaccio versare 40ml di cognac, 120 ml di Ginger Ale e un goccio di angostura con una spirale di scorza di limone a guarnire, dalla cui forma prende nome il drink, ovvero sia “collo di cavallo”.
Circa 7/8° per un long drink dissetante e beverino, ideale tanto come aperitivo predinner quanto per un dopocena poco impegnativo, che si distingue per le rinfrescanti note di zenzero della componente analcolica.
Cheers!
Si conclude qui la nostra breve rassegna su cinque cocktail low alcol per tutti i gusti! Ora non vi resta che sollevare i calici e brindare!