Chiunque abbia avuto a che fare con la Generazione Z, e in parte con i Millennials, avrà certamente notato un modo di comunicare ricco di espressioni nuove e intercalari che sembrano mutare a un ritmo vertiginoso.
Da “Cioè nel senso…” a “Tipo”, passando per termini internazionali come “Cringe” e “Blastare”, il linguaggio dei giovani è in continua evoluzione, influenzato dai social media, dai meme e dalla cultura globale. Ma cosa si nasconde dietro queste parole ed espressioni che sembrano avere un significato effimero ma che racchiudono interi mondi di senso?
L’intercalare: espressione e ritmo del parlato.
L’intercalare, ovvero l’uso di parole o espressioni che punteggiano il discorso, è una caratteristica fondamentale del linguaggio giovanile. “Cioè nel senso…” è forse uno degli esempi più emblematici. Si tratta di una pausa riflessiva, che i giovani usano per raccogliere le idee o per dare enfasi a ciò che stanno per dire. Spesso, l’espressione può essere ridondante, ma in realtà serve a dare un ritmo colloquiale, a rendere il discorso meno formale e più fluido.
Un altro intercalare comunissimo è “Tipo”, che funge da riempitivo ma allo stesso tempo aiuta a esprimere approssimazione o similitudine: “Era tipo un concerto, ma più intimo”. È interessante notare come questi termini spesso non aggiungano un vero significato, ma permettano di mantenere la conversazione più leggera e confidenziale.
Lo slang e gli acronimi: il nuovo codice giovanile.
Accanto agli intercalari, lo slang giovanile è ricco di termini che nascono e si diffondono con la stessa rapidità con cui evolvono le piattaforme digitali. Tra i più usati troviamo “Cringe”, che indica una situazione imbarazzante o scomoda, e “Blastare”, che descrive il modo in cui si zittisce qualcuno con una risposta secca e tagliente. Questi termini sono spesso presi in prestito dall’inglese, ma diventano parte integrante della lingua parlata italiana.
Espressioni come “Scialla” (stai tranquillo) o “Easy” (rilassato, senza stress) riflettono l’approccio dei giovani alla vita: un tentativo di smorzare la serietà e di vivere in modo più spensierato, anche se solo in apparenza.
L’influenza dei social media: l’evoluzione accelerata del linguaggio.
Non si può parlare del linguaggio giovanile senza menzionare l’enorme impatto dei social media. Instagram, TikTok, Twitter, e altre piattaforme non sono solo strumenti di comunicazione, ma veri e propri incubatori di nuovi linguaggi. Gli acronimi e le espressioni che nascono sui social si diffondono a una velocità incredibile, grazie alla viralità dei contenuti.
Un esempio è “Ok boomer”, una risposta che i giovani usano per liquidare le critiche o i consigli delle generazioni più anziane, accusate di non capire il mondo moderno. Questa frase, che ha origine come meme, è diventata un modo per rappresentare la frattura generazionale, ma anche per ironizzare su certi atteggiamenti conservatori.
La continua evoluzione del linguaggio giovanile
Ciò che rende affascinante il linguaggio giovanile è la sua capacità di adattarsi e trasformarsi costantemente. Ogni nuova generazione porta con sé un bagaglio linguistico che riflette le sue esperienze, le sue influenze culturali e le sue dinamiche sociali. E nonostante spesso queste espressioni siano incomprensibili agli adulti, racchiudono una profondità che va oltre il significato superficiale.
Gli intercalari e lo slang dei giovani d’oggi sono la testimonianza di un mondo che cambia rapidamente, di una comunicazione che si adatta a ritmi sempre più veloci. E sebbene molte di queste espressioni siano destinate a scomparire o a essere sostituite, la loro presenza nel parlato quotidiano rimane un segno distintivo di un’epoca in costante trasformazione.
Il potere magico di “Tipo” – Come una parola può significare tutto e niente.
Scopri come questa parolina si è infiltrata in ogni frase dei giovani e perché dovresti imparare ad amarla (o almeno a sopportarla).
Slang 101: La guida del papà moderno.
- Cringe: Quando fai una battuta e tuo figlio vuole sprofondare
- Blastare: L’arte di zittirti con una frase
- Scialla: Il mantra zen della Generazione Z.
Ci sta… e gli altri intercalari!
“Vabbè” – Spesso utilizzato per chiudere un argomento o esprimere rassegnazione. Può anche servire per cambiare discorso.
- Esempio: “Vabbè, lasciamo perdere.”
“Boh” – Una delle espressioni più iconiche, che indica incertezza o disinteresse. Può essere usata per evitare di dare una risposta precisa o per mostrare disinteresse.
- Esempio: “Boh, non lo so.” oppure “Cioè io boh!”
“Ci sta” – Utilizzato per indicare approvazione o concordanza con un’opinione o una situazione. È un’espressione che si è diffusa molto tra i giovani.
- Esempio: “Andare al mare? Sì, ci sta.”
“Capito?” – Utilizzato per chiedere conferma o per enfatizzare un concetto già espresso. Spesso si inserisce alla fine di una frase per coinvolgere l’interlocutore.
- Esempio: “Alla fine non ci vedremo più, capito?”
Perché tutto questo caos linguistico è in realtà una cosa bellissima…
Il futuro è adesso, vecchio!
Un giorno sarai tu a dire “Cioè nel senso…” ai tuoi nipoti. Meglio iniziare a esercitarsi ora.
L’ultimo consiglio: Scialla, papà!
Ricorda, anche tu eri giovane una volta. Abbraccia il caos, ridi con i tuoi figli e goditi il viaggio nel mondo sempre mutevole del linguaggio giovanile.
6 commenti
E voi che ne pensate? Cioè… nel senso…
“Cioè, nel senso”, e “tipo” li usavano i giovani negli anni 80… Blastare è dei primi anni 2000, “Cringe” è da millennial.
Ma i deficienters come mai ci sono da sempre in tutte le epoche?
Penso che dovrebbero imparare a parlare e a scrivere meglio in italiano…e farla finita con tutte quelle parole in inglese, che spesso usano senza conoscerne il significato.
Marco Silvestroni “troppo giusto” era tipico dei paninari…e “che storia” e “non ti passa più”, “non ci sto più dentro” era tipico dei rapper anni 90.
Alberto Gramigna come darti torto?!?