Nel corso del 2023 i mercati globali saranno caratterizzati dalla mancanza di rame, un deficit che, secondo alcuni analisti, potrebbe prolungarsi per tutto il decennio in corso.
A causarlo è in particolare un aumento della domanda di minerale da parte di settori come quelli dei macchinari industriali e delle apparecchiature adibite all’elettricità. Una domanda la quale si va a sommare in questo particolare momento coi disordini che si verificano in Perù, dopo il colpo di Stato ai danni del presidente Castillo, che ha precipitato il Paese in una fase di disordini che perdurano tuttora. Proprio il Paese andino è un grande produttore di rame, detenendone un decimo circa della produzione globale. Un quantitativo il quale, almeno per il momento, dovrà fare a meno del rame proveniente dalla miniera di Antapaccay, la cui produzione è stata sospesa da Glencore a seguito dei disordini seguiti alla destituzione di Castillo.
Cosa sta accadendo e perché soffriamo del Manca Rame
“Stiamo già prevedendo forti deficit di rame fino al 2030”: l’affermazione è di Robin Griffin, Vice President of Metals and Mining di Wood Mackenzie. Occorre sottolineare come una carenza di questo genere potrebbe avere riflessi tali da andare oltre la questione del rifornimento dei settori in cui il metallo viene impiegato. In particolare, potrebbe essere la spia di un peggioramento delle pressioni inflazionistiche a livello globale, spingendo infine le banche centrali a portare avanti la politica di rigore sui tassi di interesse più a lungo.
Oltre al Perù, altri problemi si stanno verificando proprio nel continente latino americano, in particolare in Cile, il più grande produttore a livello mondiale, con il suo 27%. In questo caso, nel mese di novembre è stata registrata una contrazione del 7% su base annua. Un calo che secondo una nota di Goldman Sachs risalente al 16 gennaio, dovrebbe proseguire sino al 2025.
Aumenta la domanda
A fronte di questo calo di offerta, c’è invece da registrare un aumento in termini di domanda. A sostenerla sono la riapertura di una serie di processi industriali in Cina, dopo la stasi causata dalla nuova fiammata di Covid che ha interessato il gigante asiatico, e la crescita dell’industria automobilistica e della transizione energetica. Proprio per quanto riguarda il settore automobilistico, è sempre Robin Griffin ad affermare che la crescita enorme della richiesta in questo particolare ambito pone un problema di non poco conto, nel lungo termine.
Il pratico risultato di questa combinarsi di fattori dovrebbe ben presto tradursi in una crescita sostenuta del prezzo del rame, come mette in rilievo Tina Teng, analista di CMC Markets. Una previsione che sembra assolutamente fondata, alla luce di uno studio pubblicato da IHS e S&P Global nel corso del 2022, in base al quale si stima che il consumo di rame continuerà a crescere fino a 53 milioni di tonnellate nel 2050. Per capire meglio questo dato, basterà ricordare come si tratti di una quantità superiore a quella che è stata utilizzata in tutto il pianeta nel periodo compreso tra il 1900 e il 2021.
Gli scenari futuri
L’aumento della domanda di rame nei settori maggiormente interessati, si tradurrà in un risultato su cui ormai concordano tutti gli analisti: il mercato del minerale dovrà sopportare persistenti deficit di fornitura per la maggior parte degli anni ’30, con un picco a quasi 10 milioni di tonnellate nel 2035, tale da essere molto superiore a qualsiasi disavanzo registrato in precedenza.
Il problema che pone questa carenza di rame è peraltro destinato a riverberarsi anche sul processo di decarbonizzazione, la cui chiusura è prevista per il 2050. Mancherebbe infatti il materiale necessario per soddisfare una domanda in grado di aiutarlo, allungando di conseguenza i tempi indicati. Proprio per questo motivo sarebbero da augurare scenari politici meno conflittuali in Paesi fondamentali per l’approvvigionamento, a partire proprio dal Perù.