L’intelligenza artificiale è stata utilizzata da una équipe composta da cardiologi ed esperti di intelligenza artificiale. Grazie al machine learning, è ora possibile prevedere l’esito infausto di questa patologia che un tempo era considerata benigna. Lo studio, appena annunciato, è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale European Journal of Heart Failure.
Perché usare l’intelligenza artificiale
Come in molti altri settori, anche nella ricerca scientifica e medica l’intelligenza artificiale si sta facendo strada come uno strumento per ampliare le possibilità tecniche di ricerca e di clinica. Questo strumento offre una precisione molto alta, si presta ad implementazioni successive e grazie agli algoritmi utilizzati è in grado di differenziare il livello di rischio di un singolo paziente in basso, medio e alto. Se messo a disposizione dei medici, lo strumento si può rivelare di grande aiuto per valutare con maggiore esattezza e precisione le conseguenze a cui va incontro il paziente, nonché agire di conseguenza identificando il livello di cure più adeguato. Ma di cosa si tratta esattamente?
Lo studio torinese
Questa innovativa ricerca tramite l’intelligenza artificiale è stata condotta dai cardiologi della Cardiologia Universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, in collaborazione con i ricercatori dell’Università degli Studi di Torino che lavorano con l’intelligenza artificiale. Alla ricerca ha partecipato altresì l’Università di Zurigo. La ricerca ha sviluppato un modello di intelligenza artificiale basato sul machine learning per prevedere il rischio di prognosi negativa nei pazienti affetti da sindrome del cuore infranto. È stato utilizzato il registro europeo International Takotsubo Registry con circa 4000 pazienti. Il modello ottenuto ha una precisione senza precedenti nella comprensione delle numerose variabili cliniche di questa patologia e nella loro interazione. Di conseguenza, rende più facile e più precisa anche la predizione della prognosi.
La sindrome del cuore infranto
Si tratta di una patologia cardiaca, conosciuta a livello scientifico come sindrome di Takotsubo. Una volta era ritenuta caratteristica delle donne, ma oggi viene diagnosticata in un numero sempre crescente di maschi, anche in età giovanile o adulta. I sintomi ricordano quelli dell’infarto cardiaco, e possono comprendere dolore toracico, difficoltà di respirazione, alterazioni degli esami del sangue e della circolazione del sangue. Fino a qualche tempo fa era ritenuta una patologia benigna, che poteva risolversi da sola, ma in seguito si è capito che può invece dar luogo a problematiche cardiologiche anche gravi, a lungo termine, e mortalità simile a quella dell’infarto.
Diagnosi e prognosi: l’aiuto dell’intelligenza artificiale
La causa della sindrome è frequentemente attribuibile ad uno stress emotivo molto forte, choc e dolore molto intensi dovuti ad eventi avversi vissuti da una persona. La sindrome provoca una sofferenza cardiaca che altera la forma ed il funzionamento del cuore. Sino ad ora, la diagnosi veniva fatta tramite esami clinici, elettrocardiogramma e risonanza magnetica. Tuttavia, era assai difficile differenziare questa patologia da altre situazioni, e soprattutto stabilire quanto negativamente possa influire sulla funzionalità del cuore. Con l’utilizzo dell’intelligenza artificiale i ricercatori offrono ora uno strumento di maggior precisione diagnostica e prognostica.
Gli sviluppi dello studio torinese
Una volta valutata l’affidabilità del sistema e la svolta predittiva nelle conseguenze di questa patologia possibile con l’intelligenza artificiale, l’intento è quello di mettere a punto uno strumento da rendere gratuitamente disponibile ai medici coinvolti nella gestione di questa ed altre situazioni cardiologiche analoghe. Una sorta di calcolatore che potrebbe aiutare i sanitari a stabilire con maggior precisione il livello di rischio del paziente e, di conseguenza, ad attivare il livello di cure più adeguato, garantendo così anche una terapia più precoce. Ciò aiuterebbe anche a ridurre le conseguenze negative e garantire una miglior guarigione. La classificazione in tre livelli di rischio (alto, medio e basso) aiuta anche il paziente a capire la propria situazione ed il motivo delle cure cui è sottoposto.