Nonostante la guerra e le sanzioni, il Made in Italy in Russia non conosce freni, gli oggetti di lusso non rappresentano più il top delledelle vendite. Ora si comprano prodotti che non superano i 300 euro.
Lo scenario è quello di una tempesta perfetta: la guerra, le sanzioni, il caro energia, i prezzi delle materie prime schizzati alle stelle già ben prima dello scorso febbraio. A pagarne principalmente lo scotto maggiore, il settore luxury della moda, dal tessile agli accessori. Ma il comparto riesce comunque a tenere e chiude l’annus horribilis superando gli 80 miliardi di ricavi nell’export sui 97 complessivi.
Le sanzioni sono le principali responsabili delle contrazioni registrate nel 2022: i clienti russi sono fondamentali, innamorati come sono del Made in Italy. E non potere vendere in Russia prodotti il cui prezzo superi, all’ingrosso, i 300 euro si è rivelata una vera e propria mazzata.
La moda uomo registra -18,8 sull’export 2021. Ma i russi restano tra i 15 clienti top del made in Italy.
Segno negativo, quindi, davanti a tutti i settori del fashion: dalla moda ( -26%), ai gioielli (-82.4%), alla bigiotteria ( -41% ), agli occhiali (-52.3%). Persino la cosmetica è andata sotto, perdendo lo 0,2%.
E, tra tutti, proprio il segmento della moda maschile ha registrato il crollo maggiore: tra gennaio e settembre 2022, l’export ha registrato un -18,8% rispetto allo stesso periodo del 2021. In questo specifico segmento, però, la Russia rimane tra i primi 15 clienti del Made in Italy.
Made in Italy: le sanzioni bloccano le vendite del lusso? Arrivano le pmi
Il 2023, però, potrebbe riservare sorprese ai marchi del made in Italy, ma non certo a quelli del lusso. Lo spiega Edgardo Bianchi, manager della mantovana Lubian, marchio storico dell’abbigliamento maschile “In Russia stiamo vendendo prodotti meno costosi rispetto al passato, magari non abiti e cappotti pregiati, ma abbiamo riscontrato molta voglia di acquistare”.
Insomma, va bene anche che non sia luxury, purché sempre made in Italy.
Russia, nuove opportunità per le aziende che producono in Italia.
E questo ha fatto la fortuna di aziende più piccole e di marchi meno iconici, che hanno trovato un nuovo mercato cui, prima, non avevano accesso: ne sa qualcosa Mauro Galligari, CEO e proprietario di Studio Zeta, “lo showroom multi-brand che da decenni continua a distinguersi nel mondo della moda per il proprio gusto trendy ed innovativo, nonché per la costante ricerca di nuovi stili e tendenze”, si legge sul sito di WhiteShow Milano.
Brand emergenti: +30% sul 2021 per piumini e maglieria
“Durante le vendite delle collezioni pre fall, dal 28 novembre al 16 dicembre, abbiamo visto tornare a Milano alcuni big spender russi registrando un aumento del 30% del business rispetto allo stesso periodo del 2021, e quindi prima della guerra. In particolare abbiamo venduto piumini e maglieria – spiega Galligari -le sanzioni vanno a penalizzare le aziende del lusso, ma hanno aperto nuove opportunità di business per le micro, piccole e medie aziende che producono in Italia”. Secondo Galligari, il fatto che in Russia i negozi monomarca abbiano chiuso i battenti ha aperto le porte ai brand mergenti, purché “premium e di ricerca”.
E Studio Zeta, con più di 1500 buyer che visitano gli showroom di Milano e di Parigi, rappresenta una voce decisamente autorevole nel campo, soprattutto per la capacità di scouting confermata con la griffe Maison Margela, scoperta ai reciproci albori.
La pelletteria made in Italy sempre nei desideri dei russi
Dello stesso avviso anche Franco Gabbrielli, presidente di Assopellettieri che, al quotidiano Il Sole 24 Ore dichiara: “La Russia è un mercato che nonostante tutto continua ad essere di riferimento per la pelletteria e dove continua a esserci spazio per il made in Italy anche quando si tratta di marchi non famosi”. Secondo Gabbrielli, i buyer russi si stanno concentrando su marchi di tendenza ma con prezzi completamente diversi da quelli del lusso. Per Gabbrielli le sanzioni hanno favorito il mercato dei prodotti che non superino i 300 euro.
I buyer russi a caccia di qualità e brand emergenti, purché made in Italy
“Le Pmi non hanno la possibilità essere presenti in modo omogeneo in tutti i mercati e lavorano costantemente su alcuni – ha precisato ancora il presidente di Assopellettieri – se in questa situazione fosse venuto meno del tutto un mercato come la Russia, sarebbe stato drammatico per la pelletteria italiana”. E siccome il ferro deve essere battuto finché è caldo, le collezioni autunno inverno 2023-2024 della pelle made in Italy sono già in aperta fase di vendita, a Mosca e d’intorni. Prima, quindi, della loro presentazione al Mipel in programma alla Fiera di Milano Rho dal 19 al 22 febbraio prossimi. “Ci aspettiamo un ritorno dei buyer russi, che già nell’edizione di settembre si erano presentati a Milano in numero ridotto, ma oltre le nostre aspettative”, ha concluso Gabbrielli.
Lusso made in Italy? si compra a Istambul, Dubai e nelle ex repubbliche sovietiche
I russi non possono più acquistare direttamente da noi i loro prodotti preferiti? E allora lo fanno da un’altra parte. Ed è così che si ricrea un equilibrio.
Le piazze di shopping dei russi facoltosi sono, ora, Istambul, Dubai, la Serbia e le repubbliche dell’ex Unione Sovietica .
A Pitti Uomo 103, l’evento fashion più made in Italy che esista, 43 buyer provenivano da questi paesi, contro i 4 dell’edizione 2022.